Caro Umberto Eco, la tolleranza l’abbiamo appresa proprio dai Romani

Foto Riccardo Campa hires-RICCARDO CAMPA-

Mi accingo a scrivere anch’io qualche riga ispirata dall’orrendo crimine commesso nella redazione parigina del Charlie Hebdo. Crimine a maggior ragione efferato, perché le vittime sono persone non combattenti, se non sul piano della produzione simbolica, sul piano delle idee. Il commando ha ucciso giornalisti, vignettisti e un consigliere della Banca di Francia, il noto economista antiliberista Bernard Maris. Ha ucciso a sangue freddo anche il portiere dello stabile e due poliziotti di quartiere, uno dei quali ormai ferito e inerme. La parola più adatta per descrivere tutto ciò mi pare l’abbia trovata Jorge Mario Bergoglio: una crudeltà.

Giornalisti, politici, intellettuali e cittadini di tutto il mondo stanno ora disputando sui dettagli del fatto criminoso, sui motivi che l’hanno ispirato, sui possibili mandanti, sul cui prodest?, sul da farsi per evitare che un fatto simile si ripeta, sullo scontro di civiltà, e via dicendo. Ci stiamo dividendo, come al solito, tra credenti nella versione ufficiale e complottisti, tra chi sostiene che non esistono musulmani moderati e chi dice che i musulmani reagiscono al nostro terrorismo imperialista, tra chi invoca la guerra santa e chi invita al dialogo, tra chi dice che i vignettisti francesi in fondo se la sono cercata e chi risponde che questo è proprio il modo di ragionare degli integralisti religiosi.

Ebbene, quello che ha colpito maggiormente la mia attenzione è stata, invece, un’osservazione di Umberto Eco. Un’osservazione che giudico fondamentalmente corretta, ma con una piccola macchia. Afferma che il fondamentalismo islamico è un’ideologia di estrema destra. Perciò, è risibile il tentativo delle estreme destre europee, in particolare di quelle confessionali cristiane, di voler marcare una differenza sulla base della fede religiosa. La tesi che i cristiani sono fondamentalmente buoni e i musulmani cattivi non regge alla prova della storia. E possiamo aggiungere gli ebrei, da una parte o dall’altra di questa equazione. Le tre religioni monoteiste sono tutte religioni del libro, ovvero movimenti che pretendono un atto di fede esclusivo. Un atto di fede esclusivo è sempre potenzialmente generatore di violenza e intolleranza. Piuttosto, dice Eco, sono di loro natura improntati sulla tolleranza i culti pagani, proprio perché non sono religioni del libro. Queste le sue parole: «Gli uomini si sono sempre massacrati per un libro: la Bibbia contro il Corano, il Vangelo contro la Bibbia eccetera. Le grandi guerre sono state scatenate dalle religioni monoteiste per un libro. Ha mai visto degli animisti che hanno tentato di conquistare il mondo con le armi? Sono le religioni del libro a provocare le guerre per imporre l’idea contenuta nei loro testi. Le guerre pagane, tutto sommato, erano sempre locali. Forse un po’ i Romani… Ma i Cartaginesi hanno combattuto per ragioni commerciali, non per imporre il culto di Astarte» (Cfr. P. Di Stefano, Umberto Eco: Siamo in guerra fino al collo. L’Isis è il nuovo nazismo”, «Corriere della sera», 8 gennaio 2015).

Tutto giusto, a parte quel «forse un po’ i Romani». Qualcuno penserà che mi attacco pedantemente a un dettaglio davvero marginale che può appassionare solo gli accademici. Forse è davvero così. O forse no. Sta di fatto che ho appena pubblicato una meticolosa ricerca storica sulle fonti primarie che dimostra come l’idea di tolleranza religiosa sia entrata nelle nostre costituzioni, nelle nostre leggi, nella nostra cultura, nei nostri costumi, grazie al lavoro degli intellettuali e dei politici illuministi. Questo è un fatto noto, una verità consolidata. Meno noto è, però, il come questo è avvenuto: gli illuministi hanno recuperato l’idea di tolleranza proprio dall’Antica Roma. Erano convinti che i Romani fossero i campioni della tolleranza e della libertà religiosa. Certo, i nostri antenati non erano dei pacifisti, erano genti guerriere, ma combattevano le guerre – non differentemente dai Cartaginesi e dagli altri pagani dell’epoca – per ragioni politiche e commerciali. E i documenti storici che provano la filiazione dell’idea di tolleranza dai valori e dai costumi dei Romani sono numerosissimi. The evidence is overwhelming, direbbero gli inglesi.

Questa tesi si trova nelle opere di John Locke, Thomas Hobbes, David Hume, Edward Gibbon, Pierre Bayle, François-Marie Arouet detto Voltaire, Paul Henri Thiry d’Holbach, Charles-Louis de Secondat barone di Montesquieu, Jean-Jacques Rousseau, Nicolas de Condorcet, Cesare Beccaria, John Adams, Thomas Jefferson, Thomas Paine, e sicuramente tanti altri che non ho citato nella mia ricerca. (Per i dettagli, cfr. R. Campa, Le origini pagane dell’idea di tolleranza religiosa nella pubblicistica dell’Illuminismo, «Orbis Idearum», Vol. 1, Issue 2 (2014), pp. 19–60).

Se è così, perché quel dubbio di Eco? Probabilmente si riferisce implicitamente alle persecuzioni dei cristiani nel periodo imperiale. Ma gli illuministi sono concordi (e con loro molti storiografi contemporanei) sui seguenti fatti: 1) le persecuzioni sono state enormemente esagerate dall’apologetica cristiana, sul piano quantitativo e delle modalità; 2) i cristiani venivano puniti dalla legge non per le loro credenze religiose, non dissimili da quelle di tanti altre religioni del tempo a partire dal culto di Mitra, ma perché – loro sì – erano intolleranti verso i diversamente credenti; 3) i Romani sospettavano tutti i gruppi religiosi che affermavano la superiorità delle loro norme interne sulle leggi dello Stato, che è esattamente l’atteggiamento degli stati laici moderni; 4) se talvolta i Romani hanno punito innocenti è perché non distinguevano tra ebrei e cristiani (erano tutti Galilei), e tra tutti questi e gli zeloti, ovvero terroristi che minavano l’integrità territoriale dell’Impero Romano (come oggi, parlando di musulmani, c’è chi fa di tutta l’erba un fascio); 5) i Romani avevano una religione di Stato – il politeismo romano – guidata dal Pontefice massimo che, tradizionalmente, era l’Imperatore, ma ciò non impediva una politica di tolleranza. Si consideri che anche oggi la Chiesa Anglicana è religione ufficiale del Regno Unito e il Governatore supremo della chiesa è la regina Elisabetta II, ma nessuno solleva dubbi sul fatto che nel Regno Unito è in vigore la tolleranza religiosa. Immaginiamo allora che qualche musulmano britannico si dia alla sedizione, perché non vuole rispettare le leggi di uno Stato il cui Sovrano è Primate di un’altra religione, sul piano tra l’altro puramente cerimoniale. Chi apparirebbe intollerante ai nostri occhi?

In sintesi, se alcuni cristiani sono stati perseguitati è per ragioni prettamente politiche. Che essi credessero nella resurrezione della carne o nella verginità della Madonna, ai Romani interessava ben poco. Il verdetto degli illuministi è unanime anche su un’altra questione: la tolleranza è scomparsa dall’Europa proprio con l’affermarsi del Cristianesimo, con il suo divenire religione di Stato.

Concludo, allora, dicendo che Eco ha ragione quando indica nelle religioni del libro, i monoteismi di origine asiatica, la source dell’intolleranza. E fa bene a rimarcare che le religioni pagane sono diverse e, per loro natura, tolleranti. Sbaglia, a mio modesto avviso, quando fa un’eccezione per i Romani. Ma, per fortuna, ha detto “forse”. Il dubbio è sempre lecito ed è, per l’appunto, la pietra d’angolo della tolleranza.

fondazione nenni

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2 thoughts on “Caro Umberto Eco, la tolleranza l’abbiamo appresa proprio dai Romani

  1. ottimo articolo, che dimostra un punto essenziale: non esiste una superiorità congenita del cristianesimo, semmai della nostra tradizione politica che ha costretto il cristianesimo a fare i conti con la modernità.

  2. Riccardo è d’accordo con Matteo: capitolo 10 [34]Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. [35] Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: [36] e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.

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