Allora è vero. Siamo in piena società post-secolare, come Jürgen Habermas, l’ultimo guru della Scuola di Francoforte ha preconizzato. La laicità ha dichiarato la propria insufficienza alla completezza. Da sola non ce la fa, né in termini di società né in termini di politicità. E dichiara la sua necessità di convivenza con l’ecclesiasticità. Ora il clero laico si riconosce bisognevole della parola del clero da Chiesa, avvertendo il richiamo a Dio codificato dalla religione positiva: e abbandona perfino la ormai secolare ipotesi deista (quella che risale, per esempio, ai tempi del culto della Dea Ragione) per abbracciare la prospettiva teista, vale a dire il ritorno nel grembo delle religioni-istituzioni; e proprio quelle di più consolidata ortodossia. Il ragionamento di fondamento da cui si è generata questa “svolta”, pare, sia stato questo: se la democrazia è il regime politico, dove protagonista è il popolo, datore della sovranità, una volta costatato che il popolo non è scindibile dalla religione, la religione deve essere considerato fattore implicito e imprescindibile della politica in sede di democrazia compiuta. Tra parentesi: è ciò che l’Islam ha detto da sempre. E sta dicendo tuttora con tutto ciò che ne consegue. Ma l’Occidente no. L’Occidente illuminista, storicamente almeno, si era espresso per la separazione della politica dalla religione e della religione dalla politica. Poi è intervenuta la Scuola di Francoforte e si è pronunciata per una “teologia” diversa, che, difatti, ha riempito di sé, in questo senso, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, tutte le compagini sedicenti “progressiste”, travolgendo in blocco, nel loro nucleo teorico, tutte le Sinistre storiche. Ha avuto successo la Scuola a iperdemocrazia a oltranza. Negli ultimi tempi, anzi, la sua dottrina complessiva ha perfezionato l’argomentazione che rende obbligatorio questo passaggio (si starebbe per dire “conversione”) della laicità nell’ecclesiasticità. Si tratta dell’argomentazione seguente: la politica, anche “democraticissima”, quale la laicità nuda e cruda la intende, come i tempi della secolarizzazione hanno dimostrato, pur potendo essere la miglior politica esistente, essa, nella sua laicità, nella sua secolarità, si rivela priva del valore dell’eticità. L’etica, invece, il post-secolarismo ha scoperto, è il portato che viene dalla religione come religione in sé. Ne consegue, in quest’era che sta diventando sempre più post-secolare, che la politica deve congiungersi con la religione, dove può attingere l’etica, che di per sé le manca. Dopo di che, la società che si svilupperà da questa congiunzione potrà dirsi veramente completa.
Per il resto, i fatti sono noti…
Cesare Milanese