La blogger più coraggiosa del mondo

Con i mitra spianati hanno fermato l’autobus su cui viaggiava; hanno chiesto alle ragazzine terrorizzate chi fosse Malala, la celebre blogger anti-talebana. Le hanno sparato in testa. Hanno sparato per uccidere. Le hanno conficcato un proiettile nel collo. Malala è ancora viva. Speriamo che ce la faccia. I talebani hanno rivendicato con orgoglio questa azione infame, degna della feccia delle SS; hanno aggiunto: “ci riproveremo. La prossima volta l’ammazziamo”. Il suo blog l’ha condannata a morte. Aveva bestemmiato: “noi ragazze musulmane vogliamo andare a scuola; noi musulmane vogliamo emanciparci dalla servitù dei padri-mariti-fratelli padroni”. Possibile che questa sia una colpa imperdonabile? Un crimine che merità l’esecuzione? Per i talebani la risposta, è: sì, quel tipo di ribellione – esibita sui social network — merita la pena di morte. Malala è un’icona della libertà. Le sue idee, pericolose e rivoluzionarie in quella che è una società primitiva, si sono diffuse a macchia d’olio. Bisognava ucciderla, come si sopprime un cane rabbioso.

Il blog della Fondazione Nenni deve dedicare un momento alla blogger più coraggiosa del mondo. Ha solo 14 anni, Malala, e ha lottato come un adulto per affermare il diritto all’educazione. Non è più una ragazzina: è una giovane donna. Ha avuto un coraggio da leoni: ha sfidato i talebani. Lei con la tastiera del computer; loro con i kalashnikov.

Prima che gli americani spazzassero via il loro regime terroristico, i talebani spadroneggivano: le irruzioni nelle case della gente comune erano frequenti: cercavano libri e televisori. Malala, femmina — dunque essere ontologicamente inferiore — nascondeva i suoi libri sotto il materasso. Poi un giorno ha detto: ‘basta!’ e ha cominciato a battersi per la libertà, sua e delle sue coetanee.

Che bestie sono questi talebani? Quello che predicano non è Islam: non è neppure una manipolazione dell’Islam: è barbarie pre-islamica; è inciviltà. È il retaggio di pratiche tribali ancestrali. Il loro stesso nomignolo è un insulto alla raffinata civiltà islamica: talebani, in arabo, significa “studenti”!

Io ho due figlie. Una si è appena laureata, e l’altra frequenta un liceo. Sono fiero di loro. Voglio che leggano tanti libri, che diventino sempre più istruite. Voglio che occupino un posto dignitoso nella nostra società. Voglio che diventino donne libere ed emancipate: l’ignoranza è la peggiore forma di servitù. Quale padre può volere una figlia analfabeta, una serva obbediente, un animale da soma e da monta, da dare in sposa come si dà via un cammello?

Cari amici e compagni, critichiamoli pure gli americani – o, meglio, critichiamo le politiche conservatrici e le velleità neo-imperialiste; condanniamo, soprattutto, le guerre ingiuste, che portano con sé violazioni dei diritti umani. Dobbiamo denunciarle con fermezza quelle violazioni, e spingere gli americani a cambiar registro, come ha saputo fare Barack Obama. Ma non dimentichiamo che gli americani nel 1945 ci hanno restituito la libertà. Il mondo che loro desiderano, per il quale si battono, è il mondo libero che desideriamo anche noi. Un mondo nel quale Malala possa leggere in santa pace, e possa anche scrivere tutto ciò che vuole sul suo blog. Certo, noi crediamo nella social-democrazia. Ma anche la democrazia più imperfetta è pur sempre perfettibile: la democrazia formale contiene in sé le forze per trasformarsi in democrazia sostanziale.

Dietro i marines c’è una civiltà; dietro i talebani c’è una primitività ferina che risale al Neanderthal non già alla specie Homo Sapiens. Da una parte lo Stato di diritto, l’habeas corpus, la libertà di parola; dall’altra, l’infibulazione, gli arrestri arbitrari, la tortura, le fustigazioni pubbliche, la servitù per le donne, lo stupro legittimato. Diceva Craxi (cito a memoria, ma il senso è esatto) in quelli che sono passati alla storia come gli anni di piombo, quando fior fiore di intellettuali inneggiavano alla violenza proletaria: “prima di avviare sofisticate analisi sociologiche, prima di giustificare questo o quel comportamento intimidatorio, dobbiamo dire a viso aperto che la violenza bruta, intesa come metodo di lotta politica, è da bandire. Ora e per sempre.” Solo uno Stato democratico detiene legittimamente il monopolio della violenza. L’unica violenza accettabile è quella per autodifesa, che è, appunto, la situazione in cui ci troviamo.

La guerra in Afghanistan è stata sacrosanta, e negli anni a venire dobbiamo custodire e difendere quella scintilla di civiltà che l’Occidente ha acceso nel buio della barbarie talebana. Cari amici e compagni, noi che crediamo nella città aperta, laica e secolare, siamo in guerra — una guerra asimmetrica — e combattiamo un nemico sfuggente. Come diceva Marx: è giunto il momento di passare dalle armi della critica, alla critica delle armi. Su Mondoperaio ho scritto che approvo l’uccisione di Bin Laden, santo protettore dei talebani; ho anche messo in dubbio la coerenza di chi idolatra i nostri partigiani, e poi reclama un processo in piena regola per un capo terrorista. Oggi sono fiero di aver scritto quelle cose.

Edoardo Crisafulli

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi