Capitalismo in crisi, politica assente

Il Financial Times ha definito il capitalismo “in crisi”. Se lo dice lui! La cosa sorprendente è che non se ne accorga la sinistra. Certo non per riprendere le tesi leniniste, ma per ragionare sulle implicazioni – una volta si diceva “strategiche”- dei processi generali del nostro mondo. Non lo chiedo alla segreteria del partito che deve occuparsi di politica, ma a quelli che una volta erano gli intellettuali, per essere più precisi all’ “intellettuale collettivo” come Gramsci definiva il partito. Non mi risulta che in sede di commissioni o di istituzioni culturali di partito il tema della crisi del capitalismo sia stato mai sfiorato.

Eppure, così come lo pone la stampa USA, non si tratta di teoria economica, ma di politica nel senso più pieno della parola, e cioè “strategia”: l’America è in grado di far fronte alle sfide crescenti nel mondo?

Recentemente l’Economist (n.52) ha posto una questione: la Cina supererà l’America nel 2018? La risposta è da brivido. La Cina supererà economicamente gli Stati Uniti in quell’anno. L’America però godrà di un reddito pro-capite più alto e spenderà cinque volte di più, per la difesa, della Cina.

Ma queste prospettive non tengono conto che vi sono altri paesi- per tutti l’India e il Brasile- che conoscono tassi di crescita molto superiori agli USA, mentre l’Europa è presa (?) in una spirale negativa che la sta portando al double dip, e cioè alla seconda recessione.

L’Europa non ha dato una prova di unità in Libia, ma in parte solo sul piano militare. Ora i paesi europei vanno ciascuno per conto proprio per accaparrarsi il petrolio e l’Europa è assente politicamente nella evoluzione del nuovo islamismo nei paesi dell’Africa del Nord. Così come sia essa che gli Stati Uniti sono assenti sui problemi della Palestina e della Siria.

Dunque il problema si allarga dal confronto USA-Cina al confronto dell’America (e dell’Europa) con il resto del mondo: ed ho omesso la Russia la quale può(?) svoltare verso posizioni più liberali e avvicinarsi all’Occidente.

Ma per discutere di questi temi dovrebbe tornare la politica, scomparsa tra Berlusconi, “salva Italia” e “cresci Italia”. Sui media vi sono solo notizie e commenti sui problemi economici e finanziari. Le notizie politiche si limitano alle manovre correntizie (ma la parola “corrente” è troppo dignitosa!) nei vari partiti, corredate da un turpiloquio indecente che ha sostituito il dialogo.

Insomma nel mondo che cambia, nei nuovi poteri che emergono, il capitalismo è in crisi, e l’Occidente è in declino. Avevamo sperato in Obama, ma con tutte le attenuanti, si è rivelato un leader senza polso. Come sono lontani i tempi in cui il Presidente si riconosceva in un progetto come la Nuova Frontiera e l’Europa cercava la sua unità. Oggi il mondo è per noi uno sconosciuto sempre diverso e sempre più potente, una specie di deserto dei tartari.

Giuseppe Tamburrano

fondazione nenni

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