E’ già cambiato lo stile:avanti

Deh, cangia stile! Lo stile, difatti, è cambiato. Ed è già molto. Il cambiamento di stile può essere indizio di un cambiamento del tutto. Per questo, sulla questione del cambiamento di stile converrebbe insistere. Lo stile raggiunge (muta, inventa, elabora) nuovi significati attraverso il cambiamento del significante, quindi attraverso lo stile. Insistiamo: è doveroso insistervi.

Lo stile, peraltro, è già di per sé un “contenuto”: un significato. Sua caratteristica, inoltre, è quella di essere qualcosa di molto concreto. Un concreto molto fisico. Lo stile, si può dire, è qualcosa di eminentemente materialistico: forgia materialmente di sé il materiale (qualunque materiale) su cui s’imprime. D’altronde il vecchio adagio ricorda: la forma è sostanza.

Fin dal primo approccio, l’avvenuto cambio alla “garitta” del governo, con la comparsa di Mario Monti, un cambiamento di stile si è già verificato. Ed è un bene. Ma è un vero bene, se continua a procedere insistendo sul cambiamento del modo, o se si vuole del metodo. Il ricorso al metodo, a volte, è tutto. Il metodo è fondativo della cosa ed è sempre la cosa. E’ il “cosa fare?” di politica memoria.

Oggi, nella situazione storico-politica attuale, se il centro di questo metodo è la forma (lo stile), ebbene questa forma (questo stile) è dato da un requisito di pura fisicità (da puro significante): la velocità, la rapidità, l’immediatezza, da colpo di scena; e, se occorre, da colpo di mano.

E’ presto detto il perché. Perché la velocità (da non confondere con la fretta, che genera i gattini ciechi del famoso proverbio), in tempi di velocità e di urgenza (i nostri) è buona consigliera, semplicemente per il fatto d’essere obbligatoria. Risiede nell’ordine, ormai del tutto naturale, delle cose. Ne è principio regolatore.

La questione pertanto è scientifica. E se è scientifica, è inderogabile. Essendo inderogabile, essa si pone al centro della politica, la quale è sì, arte delle possibilità, ma lo è se preliminarmente essa si pone come arte della necessità: il ciò che è inderogabile.

L’inderogabile odierno, che le Società e gli Stati, nella loro globalità planetaria, hanno di fronte, è costituito dalla Crisi: il nuovo spettro che si aggira intorno ai paralleli e solca i meridiani. Uno spettro che si propone, aperti actis, la devastazione. Il fenomeno non è ideologico, sociologico o psicologico, nel senso che a commisurarlo e ad affrontarlo posano esserci le ideologie, le sociologie o le psicologie. Il fenomeno è di natura “fisica”, perché un fatto intrinsecamente bellico. E va affrontato fisicamente con una strumentazione (una metodologia) omologa a esso. Forza contro forza, per decisione d’imperio: ecco il volto emergenziale della politica ora. A botta dritta concentrata su un solo punto che agisca di conseguenza sull’insieme.

Ed ecco, dove la questione dello stile si fa questione di contenuto: da un governo cosiddetto tecnico, come quello di Monti, ci si aspetta la forma di un’operatività fondata sulle proprietà della tecnicità. Se di bellicità si tratta e se questa bellicità è rappresentata dalla finanza, a maggior ragione, se è vero com’è vero che l’argent c’est la guerre, un governo di economisti (il governo di Monti specificatamente lo è o dovrebbe esserlo) è tenuto a “manovrare” di conseguenza e alla maniera indicata dal vero di una canzone partigiana, quando la metodologia della bellicità decideva di tutto il resto: “all’istante e non doman”.

Cesare Milanese

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