Psicopatologia del governo tecnico

Mario Monti è un personaggio autorevole, colto e competente. E ne ha già dato prova: ha scelto una squadra eccellente. Il fatto rimane che dei governi tecnici — che tali non sono mai — bisogna diffidare per principio. Benedetto Croce, che non era un sovversivo, criticò con sarcasmo pungente gli ingenui che vorrebbero affidare le sorti della Nazione agli esperti e agli onesti. Un ideale, quello della tecnocrazia, “che canta nell’anima di tutti gli imbecilli”, essendo una “manifestazione della volgare inintelligenza circa le cose della politica”. (Etica e politica) Intendiamoci: competenza, cultura e onestà personale sono requisiti indispensabili per chi gestisce la cosa pubblica. Ma la capacità politica è tutt’altra cosa dalla capacità tecnica. Dai tempi di Machiavelli sappiamo che la politica si giudica “iuxta propria principia”.

Le credenziali di Monti sono impeccabili. Ciò non toglie che egli abbia idee e valori che non può indossare e dismettere come un abito. Per formazione, è un liberista vecchio stampo. Nulla di male in ciò. Conosciamo la formula magica della sua scuola di pensiero: rigore (fino allo spasimo) dei conti pubblici (= macelleria sociale), associato a una crescita economica disordinata e iniqua, sulla spinta di un turbo-capitalismo finanziario che corre a briglie sciolte. La medesima formula che ci ha trascinati sull’orlo del baratro.

Un conto è un governo d’emergenza che deve prendere qualche decisione improcrastinabile, per poi traghettarci, nel giro di qualche mese, alle elezioni anticipate. Ben altro conto sarebbe un governo politico camuffato, in carica fino alla scadenza naturale della legislatura. Chi pagherà i costi della crisi? Come verrà riavviato il motore ingolfato della nostra economia? Saranno finalmente tassate la rendita parassitaria e la grande proprietà, che sono d’intralcio all’economia produttiva? Verranno presi di mira gli evasori fiscali? Oppure si procederà, come sempre, a mungere il ceto medio e il “popolo minuto”? Domande, queste, che sono politiche da cima a fondo. Ho fiducia nel nostro Presidente Napolitano, ma inorridisco all’idea che le risposte le dia un governo tecnico, che, per sua natura, è transitorio. Un governo tecnico di lunga durata è una contraddizione in termini. È un’umiliazione per la democrazia rappresentativa. È uno schiaffo alla volontà popolare, che si è espressa chiaramente (per il centrodestra, che ci piaccia o meno). Si sfalda la maggioranza uscita alle elezioni? Bene, la soluzione è semplice: si torni alle urne, si dia voce in capitolo agli italiani. Non subito: al momento opportuno, naturalmente. E, nel frattempo, ben venga un governo di transizione, che gestisca l’ordinaria amministrazione. E poco più (servirebbe soprattutto una nuova legge elettorale).

La sinistra parlamentare, coadiuvata da schegge “rinsavite” della maggioranza, pur di far fuori Berlusconi, identificato col male assoluto, ha cacciato l’intera classe politica in un vicolo cieco. Che capolavoro di intelligenza! Gli italiani hanno ricevuto un messaggio terrificante: né la destra né la sinistra hanno il coraggio (e le capacità) di prendere decisioni impopolari, per il bene del Paese. Questo il ragionamento dei nostri parlamentari: “la patata bollente rifiliamola a un tecnico, così non ci scottiamo le dita. E poi si vedrà. Così noi politici di professione ci defiliamo alla sordina, oppure ci ricostruiamo una verginità all’opposizione.” Ragionamento politicamente puerile, che pagheremo caro, molto caro. Sarebbe stato infinitamente meglio un governo di unità nazionale; una grande coalizione, insomma. Gli italiani, già avvezzi all’antipolitica, ora si convinceranno che il parlamento è la proverbiale testa del pesce maleodorante. “Facciamola finita con i partiti, con i politici di professione, con le mediazioni estenuanti, con il politichese! Largo ai tecnocrati e agli onesti! Loro sì che rimetteranno in sesto l’Italia!” Monti l’ha già detto chiaramente: l’assenza di politici al governo agevolerà il suo lavoro. Eppure PDL e PD dovranno comunque votare le leggi del suo governo! Giacché è ovvio che questo è uno pseudo-governo tecnico legittimato da un’intesa politica bipartisan. Un bel guazzabuglio! Psicopatologia della politica quotidiana in Italia!

Noi, che siamo sempre stati avversari politici del PDL e della Lega, non abbiamo motivo di gioire. L’Italia, da oggi, è sotto tutela. Abbiamo ceduto in comodato d’uso la nostra sovranità nazionale: saremo governati — chissà per quanto tempo — da tecnocrati eterodiretti dagli USA, dal sistema finanziario internazionale e dalla Banca Centrale europea. Stati, entità e poteri forti che non sono soggetti al nostro controllo democratico. Il Parlamento italiano ne esce umiliato, con le ossa fracassate. Sorprende che molti “compagni” e riformisti sinceri, frastornati dall’uscita di scena del Cavaliere, evento che agognavano con ogni fibra del loro essere, non l’abbiano capito. La sinistra ha commesso un altro errore, dopo quello, madornale, del 1991-92. La classe politica di governo, colpita dalla mannaia di Mani Pulite, cadde in disgrazia. E l’opposizione cosa fece? Anziché darsi un contegno dignitoso e difendere a spada tratta le prerogative del Parlamento, si consegnò disarmata alle procure. Risultato: la sinistra è finita alle corde ed è comparsa la meteora Berlusconi, l’imprenditore a-politico, il tecnico per eccellenza che avrebbe rigenerato l’Italia. E s’è visto com’è andata a finire! Oggi la classe politica – mediocre, grottesca e litigiosa fino al parossismo – è caduta ancora una volta in disgrazia. E cosa fa? Commette il medesimo errore: umilia sé stessa e il Parlamento, consegnandosi, disarmata, nelle mani dei poteri forti internazionali. Marx si sbagliava, almeno per quanto ci riguarda: quando la storia italiana si ripete, ogni volta è una farsa. Solo il golpe mediatico-giudiziario del 1991-92 fu una tragedia. Oggi assistiamo a una commedia all’italiana.

C’è chi vende la propria anima al demonio pur di liberarsi dell’avversario di turno. Ieri era Bettino Craxi; oggi è Silvio Berlusconi. Intendiamoci: Craxi non era né il maestro né il padrino di Berlusconi. Il primo aveva la caratura dello Statista ed era un grande leader socialista; il secondo è un imprenditore geniale e un comunicatore abilissimo, prestato troppo a lungo alla politica, in cui ha sguazzato alla men peggio, cavandosela solo nel piccolo cabotaggio. Il PSI, il partito più antico d’Italia, aderente all’Internazionale socialista, e il PDL, entità informe creata a tavolino da Berlusconi, sono, per dirla all’inglese, come il gesso e il formaggio: se un pulviscolo di somiglianza c’è, (e io confesso di non vedere neppure quello), è solo apparenza. La continuità, invece, è nella linea giacobina, giustizialista, dei post-comunisti (= delegittimazione sistematica e liquidazione dell’avversario). Una linea politicamente suicida. Cade a proposito la favola del re travicello: alle rane che protestavano, chiedendo una guida che ponesse fine ai disordini, Giove aveva dato un inutile pezzo di legno. Quello sarebbe stato il loro re. Le rane protestarono con veemenza. Giove, indispettito, gettò in mezzo a loro un serpente che se le divorò tutte quante.

Edoardo Crisafulli

fondazione nenni

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