A proposito del caso Strauss-Kahn -1-

Il rapporto tra politica, giustizia e comunicazione pubblica è sempre più aggrovigliato. L’arresto di Strauss-Kahn ne è una conferma. L’immancabile contesa tra innocentisti o colpevolisti non mi appassiona. La magistratura, libera da ogni condizionamento, deve accertare se l’ipotesi di reato è fondata. Tutto qui. Il giustizialismo – tutt’altra cosa dalla sete di giustizia – è una brutta bestia, un Minotauro affamato di vittime sacrificali. I giustizialisti reclamano, agguerriti, la gogna pubblica soprattutto se l’imputato è membro di una casta potente e privilegiata, e se l’accusa è di corruzione o di violenza/molestia sessuale. In tal caso, viene imbastito un processo per direttissima, in televisione o sulle prime pagine dei giornali, in barba alle garanzie dell’imputato, il quale, invertendo logica e legge, è colpevole finché non ne sia provata l’innocenza. La memoria ritorna all’ignobile linciaggio mediatico subito da Enzo Tortora, accusato ingiustamente da un pentito mafioso. Un uomo di successo che cade in disgrazia è un’occasione ghiotta da non farsi sfuggire. Il politico colto in fallo, poi, è il non plus ultra. Solo il pedofilo attizza di più la rabbia dell’opinione pubblica.

Un certo tipo di giornalista sinistrorso ama salire sul podio per impartire lezioni: per storia e formazione, si sente il custode di Grandi Valori, infangati dal potere costituito. Sicché, per istinto, accorre in difesa della povera gente, umiliata e offesa dal potente di turno. Nella vicenda Strauss-Khan ci sono dunque gli ingredienti DOC per cucinare la pietanza preferita dal radical-chic: il politico influente e l’umile cameriera; l’occidentale ricco e la povera immigrata africana; l’uomo, prevaricatore per indole, e la donna, vittima per antonomasia. Insintesi: delirio di onnipotenza e sessismo. Non è forse assodato che gli uomini di potere hanno un rapporto disinvolto con le loro collaboratrici? Fior fiore di psicologi ed esperti sciorinano le lore certezze in proposito. Non a caso, l’accusa di sexual harassment, molestia sessuale, è la più diffusa negli USA. Assistiamo, insomma, a un rigurgito di politicamente corretto, ossigeno di una certa sinistra salottiera, sempre sul piede di guerra. Sembra che anche Kahn, colto alla spovvista, abbia chiamato in causa una forza oscura che spiegherebbe l’accanimento nei suoi confronti: l’antisemitismo! Così il quadro è completo.

In realtà, non abbiamo bisogno dei clichés del politically correct per emettere una condanna – politica, e non giudiziaria – nei confronti di Strauss-Kahn. Le case faraoniche, gli affitti da capogiro, le cene e i viaggi di lusso: ecco ciò che dovrebbe suscitare la nostra indignazione. Questo non è moralismo: è un giudizio politico da cima a fondo. È inaccettabile che un leader socialista viva come un nababbo. Mentre noi disquisiamo di massimi sistemi, la gente dice queste cose. La Lega Nord ha avuto successo perché l’ha capito. Si tollera, tutt’al più, il politico-imprenditore (vedi Berlusconi) che i soldi se li è guadagnati. Nessuno accetta di finanziare con le proprie tasse un politico che fa la bella vita. Figuriamoci, poi, se il politico è di sinistra.

  Edoardo Crisafulli

                                                                                                                             (1. continua)

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