Dal De bello italico di Umberto Bossi: “Italia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Padani, aliam Etrusci (alias Papalini et Pidiessini, vulgariter Comunisti), tertiam qui ipsorum lingua Mediterranei, nostra Terroni appellantur.”
Tradotto in italiano d’uso corrente: Polentoni, Romani ladroni e Intellettuali da Magna Grecia. Molto importanti, questi ultimi, duemilacinquecento anni fa, ma ormai da qual dì, niente di che, anzi dei nullafacenti. Pertanto, meglio non aver nulla da spartire con loro e tanto meno, soprattutto, con gli accentratori di Roma, i ladroni.
Questa tripartizione d’Italia diventa così indicazione e auspicio di un processo nel senso di una triplice secessione. Allo statista Bossi si può rimproverare tutto, ma non di non essere esplicito. L’uomo del Carroccio avrà anche il difetto di essere semplicistico, ma non quello di essere equivoco. Considerata la configurazione geografica dell’Italia, il disegno delineato può anche apparire realistico. Forse lo è senz’altro.
Nelle recenti elezioni amministrative, l’offensiva condotta dalla Lega per la conquista di Bologna rivela il senso complessivo di tutta la “campagna” d’allargamento dello “spazio vitale” del Nord, rivendicato dal sogno del Braveheart che ha brandito lo spadone di Alberto da Giussano: attestarsi sulla Linea gotica.
Lungimirante il condottiero. Insomma, estendere la zona d’influenza fino al Rubicone. Confine, che però lui, il Bossi dello spadone e delle ampolle con le acque del Dio Po, a differenza di Cesare, non intenderebbe affatto travalicare. La sua guerra contro Roma, vale a dire contro l’unità “politica” della penisola (perché è di questo che si tratta), egli intende condurla in modo che il territorio del Nord si renda “separato” dal territorio giurisdizionale di Roma. Nel suo sistema geopolitico particolare, anzi, si auspica che al sud del territorio di Roma, i popoli del Sud sappiano fare, contro Roma, ciò che i popoli del Nord sono impegnati a compiere, sempre contro Roma, sotto la guida del Partito del Nord. E non è detto che un “ragionamento” del genere non sia attentamente ascoltato.
Si tratta di un “ragionamento” che reca in sé il veleno nella coda, anche se viene avversato, se quest’avversione s’innesta con i vari sommovimenti della cosiddetta antipolitica. Perché è evidente che un simile “ragionamento”, elaborato strategicamente dal Pentagono di Pontida e derivato dalla consultazione delle carte programmatiche, lasciate in eredità dal teorico Gianfranco Miglio, è il seguente: se non è possibile conseguire la secessione come progetto politico positivo, si può sempre operare capovolgendo il comportamento politico complessivo in senso negativo, scegliendo linee di condotta da rinfocolamento dell’antipolitica. Il filibustering istituzionale è sempre a portata di mano. E in questa scelta la Lega sa di non essere sola in Italia. I pur nemici della Lega, in quanto a pratica dell’antipolitica, potrebbero operare “meglio”, vale a dire peggio, di essa. Il barbaro organizzato, astuto come il fante proverbiale di Shakespeare, sa lasciare aperti i varchi ai barbari non organizzati.
Si aggiunga che non manca, a tale astuzia “nativa”, una sottigliezza politica d’aggiunta: la Lega sa che anche a Padania “indipendente”, oppure no, essa non potrà mai essere la forma politica esclusiva del Land, ma sa che con la sua presenza attiva può indurre le altre forze politiche sul posto, più o meno tradizionali, a territorializzarsi nel senso di una ricerca specifica degli interessi legati alla Regione piuttosto che alla Nazione. Si dia un’occhiata ai fatti. La Sinistra situata al Nord, da alcuni indizi, che si richiamano alla necessità di una Sinistra “autonoma” nel Nord e per il Nord, sembra rispondere e corrispondere al tema.
Cesare Milanese