Punto acuto e puntuto dell’intervento di Luciano Pellicani, su questo sito (marzo 21, 2011), con il titolo Manifesto, è la messa in evidenza di un’anomalia tutta italiana. Dice Pellicani: “In tutti i Paesi che costituiscono il nucleo storico dell’Unione Europea esistono grandi partiti che si richiamano alla tradizione socialista, i quali, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, hanno avuto un ruolo decisivo nell’allargamento del perimetro borghese della democrazia liberale, adottando politiche finalizzate alla universalizzazione dei diritti di cittadinanza. Unica eccezione: l’Italia. Il che fa del nostro Paese un’anomalia.”
E’ un’anomalia che perdura anche dopo che la storia si è incaricata di smentire, con i fatti, la fallacia dell’opzione collettivistica di stampo comunista, dando pertanto ragione alla prospettiva della socialdemocrazia, che è uno specifico politico-storico della tradizione europea. Alla quale, a rigore, la Sinistra italiana dovrebbe, ora, a maggior ragione riferirsi, mentre non è per niente così.
Infatti, le attuali formazioni organizzate della Sinistra italiana, o si attengono ancora allo schema del collettivismo come contrapposto all’economia di mercato (leggasi capitalismo), oppure si affidano alla generica assunzione di un’idea politica che s’ispira (o crede di ispirarsi) a quella “di un partito democratico ritagliato sul modello americano”. Si direbbe una via voluta e forzata, escogitata a conferma della ricusazione, una volta di più, dell’impostazione socialdemocratica. In piena noncuranza del detto: il perseverare nell’errore è diabolico.
E qui, una precisazione s’impone. Il Partito democratico americano vale per il contesto americano, nel suo bene e nel suo male, nel suo pro e nel suo contro, e si rapporta a quella condizione storica e fattuale, non trasferibile “meccanicamente” in un contesto diverso, quale, difatti, è il nostro, il quale, nella tradizione specificatamente europea ha già il suo Partito democratico nella matrice della socialdemocrazia di sempre. Per di più, il Partito democratico americano, sia quel che sia, non ha come suo fine né il collettivismo né il comunitarismo: non è un’idea politica a ispirazione organicistica. Mentre le attuali Sinistre italiane organizzate, sia quelle ancora “integraliste”, in senso comunistico, e sia quelle “americanizzanti”, in senso sedicente riformistico, sono e restano fissate, o su un’impostazione che si richiama al collettivismo, nel primo caso; o su un’impostazione che si richiama al comunitarismo, da vecchio o nuovo consociativismo da compromesso storico, nel secondo caso. Tutto ciò che, per l’appunto, il Partito democratico americano, per quanto inficiato dal confusionismo psico-ideologico del politically correct (che tanta fascinazione esercita sul versante della Sinistra italiana), non è. Una volta di più la Sinistra ufficiale italiana sta sbagliando il suo referente esterno.
E’ la questione della solita anomalia che continua a presentarsi e che non può essere risolta se non in termini di scelta sulla contrapposizione di alcuni concetti fondamentali, che non a caso sono anche quelli che costituiscono la contrapposizione tra comunismo e socialismo. Il comunismo è collettivismo e comunitarismo in chiave organicistica, il socialismo non è né collettivista, né comunitario, né organicista; è solo socialista: gestione della produzione del “bene comune” in termini di equità distributiva, garantita da alcuni diritti individuali inalienabili. Senza trascendentalismi, perciò laico; e, se occorre, laicista.
Cesare Milanese