Recensione Opera Pelléas et Mélisande

di Rita Borelli

È con  l’Opera Lirica Pelléas et Mélisande di Claude Debussy su libretto di Maurice Maeterlinck che il 66˚ Festival dei Due Mondi di Spoleto dopo due anni di stop, ha riaperto la tradizionale messa in scena dell’Opera al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti lo scorso 24 Giugno. Direttore d’Orchestra Iván Fischer che ha curato insieme a Marco Gandini anche la regia, con i musicisti della Budapest Festival Orchestra.

La scelta dell’Opera Pelléas et Mélisande è stata molto audace da  parte della direzione artistica  in quanto l’opera già alla sua prima rappresentazione avvenuta a Parigi il 30 Aprile del 1902, non incontrò per così dire unanimità di gradimento e attirò critiche ostili e elogi, ma comunque sempre giudizi mirati e precisi. Questa è infatti un’opera particolarmente complessa che descrive un dramma umano comune e attualissimo anche ai nostri giorni. L’amore tormentato di due giovani che non possono viverlo e che soccombono  ad esso con tanto di tragedia finale. Per descriverlo con un temine  moderno un femminicidio.

Claude Debussy compose Pelléas et Mélisande verso la fine dell’800 quando vide a teatro lo spettacolo scritto e messo in scena da Maurice Maeterlinck. Ebbe così l’idea di unire teatro e musica in una nuova forma più moderna e innovativa. Lo scopo originario di Debussy era quello di poter rappresentare musicalmente un dramma amoroso quasi come se fosse una favola. Troviamo quindi castelli con torri, giardini rigogliosi, foreste, fiumi, grotte e anelli che si perdono dentro un pozzo e che diventano causa di gelosia – in vece che fazzoletti caduti per terra come nell’Otello di  Shakespeare – nonché fanciulle che pettinano capelli biondi e lunghissimi che scendono dalle finestre di torri e che turbano gli animi degli spasimanti e rendono i mariti gelosi del tradimento da parte dell’amata. Una gelosia così terribile da far uccidere sia lo spasimante che l’amata, per poi realizzare  un istante dopo l’empietà del mal fatto, non sussistendo alcun tradimento ma solo un amore infantile e casto di due creature infelici.

Per realizzare l’allestimento di questa rappresentazione la regia di Ivan Fischer e Marco Gandini, immagina che la storia si svolga in una foresta in cui prospera una rigogliosa vegetazione che ricopre quasi completamente il palcoscenico, e in cui 3 elementi scenici salgono e scendono a secondo della necessità, aventi lo scopo di simulare torri, stanze o luoghi come grotte segrete o pozzi, in cui i protagonisti  di volta in volta devono salire in base ai contesti utili al racconto.

In aggiunta, i registi hanno spostato in scena l’intera orchestra, trasferendola come invece d’uso nel Golfo Mistico. Risulta evidente, che se l’Orchestra occupa quasi la totalità del palcoscenico, i cantanti sono costretti a muoversi in modo quasi imbarazzante, strisciando carponi in spazi limitatissimi fuori dagli elementi scenici che salgono e scendono, e tutto questo per circa 3 ore, con il rischio di poter cadere o sulle prime file della platea o ancor peggio sugli orchestrali. L’opera risulta statica scenicamente parlando, e fa perdere carattere a ciascuno personaggio interpretato dai cantanti in scena, oltremodo impegnati in acrobazie entro i pochi centimetri della scenografia rimasta libera.

L’impegno vocale dei cantanti per questa partitura non è particolarmente faticoso. La prestazione del soprano Patricia Petibon che interpreta Mélisande così come Tassis Christoyannis che è Golaud  non ha rilevato per loro grandi problemi ed è scivolata via agevolmente. Entrambi tuttavia sono apparsi un pochino sottotono rispetto allo standard della fama di cui godono, forse anche perché impegnati a districarsi tra cespugli e alberi della esuberante foresta. Bellissima e potente la voce del tenore Bernard Richter che interpreta un magnifico Pelléas, così come quella di  Nicolas Testé ottimo re e nonno Arkël . Una menzione speciale merita il piccolo Oliver Michael che è in scena l’innocente Yniold, incanta e fa sognare il pubblico presente con la sua voce eterea.

È fuori discussione la bellezza della musica di Debussy per questa è considerata una delle sue migliori creazioni. Un ottimo lavoro è stato svolto anche Tamás Bányai  che ha curato le Luci e che è riuscito sapientemente ad indirizzarle secondo l’andamento degli elementi scenici, e secondo quanto si svolge nella foresta. I costumi di Anna Biagiotti e del suo staff  sono risultati eleganti ed essenziali,  adeguati a quanto sicuramente desiderato da parte dei due registi.  Buona la direzione d’Orchestra del Maestro Iván Fischer  e della sua Budapest Festival Orchestra, che per essere in tono con il contesto scenico hanno ognuno indossato tuniche di colore verde e marrone per richiamare i colori della foresta.

In un Teatro Gian Carlo Menotti affollato ma non al completo, alla fine della rappresentazione gli spettatori anno tributato applausi generosi e convinti seppure i giudizi finali sono stati non completamente concordi. Ma la cosa bellissima è che finalmente al Festival dei Due Mondi di Spoleto sia tornata l’Opera Lirica.

FESTIVAL DEI DUE MONDI

Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti

Pelléas et Mèlisande

Musica Claude Debussy

Libretto Maurice Maeterlinck

Budapest Festival Orchestra

Direttore  Iván Fischer

Regia Iván Fischer, Marco Gandini

Scene Andrea Tocchio

Costumi Anna Biagiotti

Luci Tamás Bányai

Interpreti:

Mélisande Patricia Petibon

Pelléas Bernard Richter

Golaud Tassis Christoyannis

Arkël Nicolas Testé

Yniold Oliver Michael

un dottore Peter Harvey

Geneviève Yvonne Naef

N°140 del 01/07/2023

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