Un ponte tra giovani e anziani

– di ROMANO BELLISSIMA –

Due fasce di popolazione oggi per motivi diversi entrambe svantaggiate, ma che spesso sono rappresentate in contrapposizione da politici improvvisati, giornalisti compiacenti, professionisti in cerca di visibilità, i quali tentano di fare passare il messaggio che gli anziani rubano, il futuro, la pensione, il lavoro ai giovani e che è ora che restituiscano loro qualcosa.

Personalmente invece sono convinto che la nostra società penalizzi e non valorizzi sia i giovani, sia gli anziani ed è un gravissimo errore.

I giovani, infatti, rappresentano logicamente il futuro del nostro Paese. E quale futuro ci potrà mai essere per l’Italia se non investiamo nella scuola, nell’Università, se non investiamo sui giovani, sulle loro speranze, sui loro progetti, sulla loro creatività, sul loro lavoro e li costringiamo in occupazioni sempre più precarie? La precarietà rende difficile costruirsi una famiglia e chi ci riesce in genere o è perché ricco di famiglia, oppure lo fa perché aiutato dai genitori e dai nonni. Le condizioni attuali rendono difficile costruirsi un futuro, accendere un mutuo, investire sulla propria professione, su un’attività commerciale o artigianale, in altri termini partecipare attivamente allo sviluppo economico del proprio Paese. Investire sulla qualità e sulla produttività del lavoro dovrebbe essere uno degli obiettivi prioritari del buon governo, della politica e del mondo imprenditoriale. E quale qualità e produttività ci può essere se si cambia lavoro ogni tre mesi, se si hanno contratti a termine o di lavoro interinale costringendo molti dei nostri giovani migliori o più intraprendenti a espatriare? E chi rimane qui, a mio parere, mostra un senso di responsabilità non indifferente. Non è con gli anziani che devono prendersela i giovani, loro sanno bene che è grazie ai nonni che con le loro modestissime pensioni hanno sostenuto, durante i frequenti periodi di crisi, figli e nipoti disoccupati, rinunciando magare ad alcuni dei loro bisogni. È coi governi, con la politica e con quegli imprenditori che vogliono il lavoro in nero, a basso costo, con quanti a parole li difendono, ma nei fatti li ignorano, li discriminano, li costringono ad emigrare.

Allo stesso tempo, non ci potrà essere un buon futuro per la nostra società se si continua ad ignorare la popolazione anziana, che rappresenta oggi quasi il 25% dell’intera popolazione. Si tratta di una parte della società che è al suo interno composita e portatrice di bisogni anche diversi. Ad esempio, siamo l’unico paese europeo a non avere una legge organica per la tutela delle persone non autosufficienti e come noto sono prevalentemente le persone molto anziane che spesso perdono la loro autonomia fisica. Gli anziani sono persone che hanno ancora un ruolo importante, dentro e fuori le famiglie, un ruolo economico, educativo, sociale, le cui pensioni sono tassate più del doppio della media europea. E possono ancora avere un ruolo propulsivo nella società, ma serve un cambiamento radicale di tutta la società che consenta alle persone anziane di vivere pienamente e di continuare a dare il loro contributo. Lavoro, fisco, pensioni, sanità, politiche sociali, politiche abitative, organizzazione delle città: tutte le politiche dovrebbero tenere conto del fatto che circa un quarto della popolazione è composto da persone anziane, che devono potere avere redditi sufficienti, tasse adeguate, città e mezzi di trasporto accessibili, luoghi di aggregazioni e progetti di formazione e di educazione lungo tutto l’arco della vita, servizi sociali di qualità, con attenzione sia alla prevenzione e ai corretti stili vita, sia alla non autosufficienza e alla  domiciliarità.

Non è possibile, infatti, continuare a invecchiare in buona salute, a conservare la propria autonomia, a mantenere relazioni sociali e affettive, a tenere il cervello in allenamento e a rimanere aggiornati sull’evoluzione della nostra società e sui cambiamenti anche tumultuosi che la percorrono, se milioni di pensioni sono insufficienti, a volte persino per comprare cibo di buona qualità. Se si taglia sulla medicina preventiva, sulla diagnosi precoce, sulla presa in carico delle malattie cronache che, se trascurate, possono facilmente portare a una disabilità. Se le città, soprattutto quelle più grandi, sono piene di barriere architettoniche, mancano panchine e giardini, i marciapiedi sono spesso inagibili. Se anche i piccoli borghi medievali, i piccoli centri con edifici che hanno centinaia di anni, non sono facilmente accessibili a persone con una ridotta mobilità. Se i mezzi di trasporto pubblici, i treni, gli aeroporti sono pensati per persone in perfette condizioni fisiche. Se non ci sono sufficienti luoghi per socializzare. Se l’innovazione tecnologica e la rivoluzione digitale, che avrà sempre più peso anche nei rapporti con la pubblica amministrazione, non tengono conto della specificità delle persone anziane. Se, infine non siamo capaci di risolvere questi problemi e costruire una società a misura di anziano, vuol dire che il traguardo della giustizia sociale e della civiltà sono ancora troppo lontani per la nostra società.

 

 

N°: 81 del 22/11/2021

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