-di Pierluigi Pietricola–
Se, come sostenevano Roland Barthes e Charles Sanders Peirce, il mondo è semiosi e, quindi, significazione, tutto si presta ad essere interpretato secondo contesti, codici ed una certa correttezza epistemologica di fondo. A tale scopo, si vuole qui di seguito fornire l’interpretazione semiotica di un provvedimento della Regione Lazio ad uso e comprensione di tutti per tentare di eplicitarne al meglio i contenuti.
Sul sito della Regione Lazio si legge quanto segue: “Firmata l’ordinanza dal Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti su proposta dell’Assessore alla Sanità, Alessio D’Amato per rendere obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale e anti pneumococcica per tutti i cittadini over 65 anni e tutto il personale sanitario. L’obbligo sarà a decorrere dal 15 settembre 2020 in concomitanza con l’inizio della campagna di vaccinazione regionale. La mancata vaccinazione per il personale sanitario comporterà l’inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione lavorativa ai sensi del Dg. 81. La mancata vaccinazione per persone ultra 65 anni comporterà l’impossibilità di accedere a centri anziani o altri luoghi di aggregazione che non consentano di garantire il distanziamento sociale, inoltre vi è una forte raccomandazione per effettuare il vaccino antinfluenzale per tutti i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni attraverso il pieno coinvolgimento dei pediatri di libera scelta. ‘Con questa ordinanza il Lazio raccoglie l’appello lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per ridurre i fattori confondenti per il Covid-19 in presenza di sintomi analoghi’ commenta Zingaretti. ‘Una grande operazione di tutela della salute pubblica. Ricordiamo inoltre che ogni anno sono numerosi i decessi per complicanze soprattutto nelle persone più fragili e croniche’ conclude D’Amato”.
Analizzando quanto il testo riassume della suddetta ordinanza, si osservano due fattori evidenti ed uno implicito. Partiamo dai fattori evidenti. 1) Questa ordinanza ha come princìpi ispiratori un organo sovranazionale – l’OMS -, e quindi il suo contenuto e i risvolti pratici che essa determina non andranno considerati come decisione presa nel particolare del territorio laziale, bensì come una questione universale che tutti coinvolge. 2) Questa ordinanza scaturisce come un esplicito tentativo di tutela per i soggetti a rischio con un quadro clinico instabile che potrebbe aggravarsi col sopraggiungere di una eventuale sindrome influenzale.
Per ciò che concerne la confusione dei sintomi da influenza con quelli da Covid-19 – la malattia causata dall’infezione da Sars-CoV-2 – vale la pena rammentare che basterebbe semplicemente dotarsi di test specifici che sono in commercio, di cui l’Italia ancora non si è dotata, in grado nel breve giro di 30 o 40 minuti di chiarire se una certa sintomatologia sia riferibile a virus influenzale o a Sars-CoV-2.
Ciò detto, quello che stona coi principi che hanno dettato la stesura di tale ordinanza è che per la Costituzione Italiana, art. 32 comma 2 nello specifico da leggersi insieme all’art. 3 e all’art. 117 comma 3, un trattamento sanitario obbligatorio quale è una vaccinazione antinfluenzale, sono coperti da riserva di legge statale. Il tutto considerando ciò che una forma di governo costituzionale prevede quale suo principio basilare: l’autodeterminazione dell’individuo in quanto persona.
Venendo all’elemento implicito che tale ordinanza prevede, esso concerne ciò che oggi viene chiamato biosicurezza. Lo storico del diritto romano Yan Thomas ha mostrato come – si cita dall’ultimo libro di Giorgio Agamben, A che punto siamo? La pandemia come politica – “nella giurisprudenza romana la natura e la vita naturale degli esseri umani non entrano mai come tali nel diritto, ma restano separati da questo e funzionano soltanto come un presupposto fittizio per una determinata situazione giuridica. Così il principio naturale secondo cui tutto è comune a tutti vale solo come una limitazione che eclude dalla sfera della proprietà giuridica l’aria, il mare e le rive, ma la cosa comune a tutti diventa immediatamente una res nullius, che fonda la proprietà del primo che se ne impossessa. Analogamente, la cittadinanza è un dato giuridico imprescrittibile e indisponibile, che, a differenza del domiclium, che dipende dalla residenza fisica in un certo luogo, si acquista attraverso l’origo, la quale non è, però, il fatto naturale della nascita,a ma una costruzione giuridica legata al luogo di nascita del padre. I giuristi del XIX secolo hanno trasformato questo artificio giuridico nello ius sanguinis, in cui, come scrive Yan Thomas, ‘una mistica del sangue che conduce all’ideologia biologica oggi dominante si sovrappone a quella che era soltanto una costruzione genealogica fittizia’. Quel che è avvenuto a partire dai primi decenni del Novecento è che il diritto ha progressivamente teso a includere in sé la vita, a fare di essa il suo oggetto specifico, di volta in volta da tutelare o da escludere… Come gli studi di Michel Foucault hanno efficacemente mostrato, la biopolitica tende infatti fatalmente a convertirsi in tanatopolitica. Quanto più il diritto comincia a occuparsi esplicitamente della vita biologica dei cittadini come un bene da curare e promuovere, tanto più questo interesse getta immediatamente la sua ombra nell’idea di una vita che, come recita il titolo di un’opera celeberrima pubblicata in Germania nel 1920, ‘non merita di essere vissuta [lebensunwertes Leben]… Se la salute diventa l’oggetto di una politica statuale trasformata in biopolitica, allora essa cessa di essere qualcosa che riguarda innanzitutto la libera decisione di ciascun individuo e diventa un obbligo da adempiere a qualsiasi prezzo, non importa quanto alto”.
Ciò detto, “Argumentum e silentio. Parla tu ora più forte, parola taciuta”.