L’incontro e l’abbraccio

DI FRANCESCA VIAN

Mai mostra fu tanto profetica, come quella allestita a Padova da Alfonso Pluchinotta e Maria Beatrice Autizi: L’incontro e l’abbraccio. Ha chiuso i battenti pochissimi giorni prima che noi dovessimo smettere di abbracciarci, sospendere di incontrarci.

In questi tempi di forzate lontananze, in questi momenti in cui la ragione ci tiene lontano dagli abbracci, ci si rende conto ancor più del valore della scelta: con opere che percorrono tutto il Novecento, l’esposizione si è interrogata su questo asse portante della vita umana, l’unione di due corpi, che è sempre irraggiungibile e indefinibile, se non che l’arte può, con bagliori improvvisi, rischiarare l’inenarrabilità dell’amore e dare un’idea della sua grandezza.

Georg immagineCi sono abbracci che narrano la storia di ogni vita, come quello di Georg Bentele-Ȕcker in Tre generazioni (1988). La nonna, la mamma e la figlioletta avanzano nello stesso cammino, ma è la mamma che porta avanti il piede per condurre le altre due: è il destino di una età che solleva i figli e sostiene i genitori. La statuetta di bronzo è bassa 36 centimetri, ma apre lo sguardo su un mistero umano di tutte le epoche, l’eroismo degli affetti, il precedere coloro il cui passo è incerto.

Nello straordinario Figliol prodigo di Arturo Martini (1927), alto oltre due metri, il padre sorregge il braccio del figlio che cerca titubante l’incontro con lui, giacché il perdono è così: il perdonante sostiene il perdonato, o non è perdono. Un capolavoro dello scultore veneto (immagine di copertina).

Lorado Taft 1910Salvador Dalì 1968

L’abbraccio è forza, anche quando l’atteggiamento verso la vita è diverso, come per la scultura di Lorado Taft, mentre si procede verso l’ignoto (1910). C’è L’anima di Don Chisciotte di Salvador Dalì (1969), che corre ad abbracciare i torti che va a difendere, un gesto di incontro per i deboli del mondo, contro i prepotenti della Terra: il mito di uno Zorro che non tramonta mai.

Aurelio NOrdera 1973Gaetano Cellini 1930

E difende i deboli anche il bronzo di Aurelio Nordera (1973), nel gesto di accogliere un amico fragile. Il buono di Gaetano Cellini è contro il male, piccolo gigante che alza la schiena e la sottrae alle paludi del dolore (1930).

Margit Dombosne 1950 circaMarta Léon 1987

Margit Dombosne scolpisce un abbraccio interlocutorio tra madre e figlio (1950 circa), e Marta Léon esplode in un “Abrazo” d’amore irriducibile (1983) .

Helping hand 1970Rainer Kriester 1978Vieira Mano che toccaLuc Albert Moreau

E ci sono tante mani, strumento di carezze, di parole, di preghiere disegnate sulla pelle. Fra tutte la “Helping hand” di Pablo Picasso (1970), la “Testa di pensieri” di Rainer Kriester (1978), la mano che tocca di Anamaria Vieira (2000) e quella di Luc Albert Moreau (1930).

Scrive Roland Barthes: “Voler scrivere l’amore significa affrontare il guazzabuglio del linguaggio: quella zona confusionale in cui il linguaggio è insieme troppo e troppo poco, eccessivo […] e povero“. E le parole sono strette, infatti, a parlare dell’amore, in tutte le sue forme. Se parlarne è impossibile, l’opera d’arte riesce a darci la suggestione dell’affetto, parla d’amore senza le parole, scrive sulla pietra quello che noi possiamo leggere, muove sentimenti, reinventa, scompone e ricompone l’attimo di sorpresa dell’incontro, ci segue poi e ci accompagna fino a casa. E’ un arte che ti rasserena, che ti fa a sua volta “incontrare”.

“L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile”, diceva Paul Klee. In questi duri tempi di coronavirus, è un valore non visitare i genitori, lasciare loro la spesa fuori dalla porta e andare, con una lacrima, salutando dalla finestra. Nel cuore rimane immobile l’angoscia della distanza, della separazione, di questa lingua che siamo costretti a parlare nostro malgrado. Il vuoto è divenuto Valore. Essere buon cittadino è tenersi lontano da tutti; appoggiare il denaro senza toccare il cassiere è pratica di virtù. Anche la città ha mutato lingua e ha acquisito quella della distanza. I punti fermi restano tali, ma narrano ciò che non è ormai, i rumori quasi azzerati, gli odori imprigionati, i sapori stinti, i colori che ricordano una vita che sicuramente c’era, ma che non può più essere agita.

Possiamo allora fonderci nell’abbraccio appassionato della consapevolezza, nella precisa scelta di amore incondizionato verso i nostri cari, un amore… a distanza, un incontro coltivato ai confini dell’immaginazione, per il bene della vita. L’amore incondizionato Joe Dudley Embrace 1960 di rispettare le distanze somiglia dunque più all’Embrace di Joe Dudley (1960), in cui l’abbraccio non distingue più i corpi, perché la fusione va oltre. Queste opere sono di malinconica attualità, l’esperienza mistica di un valore che non possiamo esercitare, ma che rimane ideale, e che ci apre lo sguardo all’eterno mistero dell’incontro e dell’abbraccio.

francescavian@gmail.com

Catalogo L’incontro e l’abbraccio, a cura di Alfonso Pluchinotta, Padova, Il Poligrafo, 2019

francescavian

2 thoughts on “L’incontro e l’abbraccio

  1. Una riflessione suggestiva e commovente quella di Francesca, da “puri nel cuore” , che alla speranza del valore assoluto dell’amore incondizionato.

  2. In questo particolare momento della nostra vita, sia la mostra ‘Incontro e abbraccio’ sia la riflessione di Francesca Vian , ci offrono motivi di conforto e speranza. Inoltre la bellezza delle opere in mostra e la bellezza delle parole suscitano in noi emozioni profonde e veri sentimenti di umanità. Grazie ai curatori della mostra e a Francesca per i suoi pensieri .

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