Se Grillo crede a quel che scrive lasci la sua scena a un quindicenne

– di ANTONIO MAGLIE –

Stiamo vivendo un ottobre caldo. Legittimo pensare che sia questa la causa del colpo di sole che sembra aver centrato in pieno Beppe Grillo, il “garante” del Movimento 5 stelle, l’uomo a cui una sinistra e un centro-sinistra con troppi galli nel pollaio e poche idee ha deciso di legare i propri destini cercando una resurrezione che possa passare (come ai tempi del Pci, della Dc, del “compromesso storico”, della “non sfiducia” e della solidarietà nazionale) attraverso una legittimazione indiretta, saltando il fastidio dell’elaborazione di una proposta politica originale. Il settantunenne comico genovese ha pubblicato sul suo blog un articolo dal titolo interrogativo (ma trattasi di domanda retorica): “Se togliessimo il voto agli anziani?”

                Per sostenere questa sua tesi ha pubblicato il passo di uno scritto di Douglas J. Stewart apparso nel 1970 sulla rivista New Republic: “Ci sono semplicemente troppi elettori anziani e il loro numero sta crescendo. Il voto non dovrebbe essere un privilegio perpetuo, ma una partecipazione al continuo destino della comunità politica, sia nei suoi benefici che nei suoi vizi”. Citando il filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs, ha spiegato che “l’idea nasce dal presupposto che una volta raggiunta una certa età, i cittadini saranno meno preoccupati del futuro sociale, politico ed economico, rispetto alle generazioni più giovani, e molto meno propensi a sopportare le conseguenze a lungo termine delle decisioni politiche. In tal caso, i loro voti dovrebbero essere eliminati del tutto, per garantire che il futuro sia modellato da coloro che hanno un reale interesse nel vedere realizzato il proprio disegno sociale. Gli elettori sono, in larga misura, guidati dal proprio interesse personale, e l’affluenza relativamente bassa degli elettori più giovani può essere in parte causata dal sentirsi alienati da un sistema politico gestito da persone che non considerano della loro stessa natura”; concludendo con un’altra domanda retorica: “Se un 15enne non può prendere una decisione per il proprio futuro, perché può farlo chi questo futuro non lo vedrà?”

                Si potrebbe, però, anche capovolgere il discorso: “Se un sessantacinquenne non può prendere una decisione su un futuro che per lui è già presente, perché può farlo un quindicenne che è inevitabilmente portato a vedere la terza età e i problemi che la caratterizzano come un evento estremamente lontano e, di conseguenza, ai suoi occhi, inesistente?” Non bastano un paio di citazioni per dare sostanza a un discorso privo di senso. La società è una realtà complessa, nelle democrazie, poi, inclusiva per definizione: nessuno può essere emarginato perché con il ragionamento di Grillo e dei suoi filosofi si arriva alla conclusione che chi non ha figli non può decidere per chi ha figli, chi non è sposato non può decidere per chi è sposato, chi beve birra non può scegliere per chi beve vino o per chi è completamente astemio. Un leader non può pensare di costruire la comunità politica a propria immagine e somiglianza, obiettivo a cui sembra puntare il “giovincello” Grillo con l’occhio puntato sui flussi elettorali del Movimento 5 stelle (il voto di quel partito è decisamente giovane, sicuramente più giovane di quello del Pd, di Forza Italia e anche della Lega). Altrimenti, per restare alle citazioni dotte, si finisce per dare ragione a Étienne de la Boetie che nel 1576 nel suo discorso sulla “servitù volontaria” a proposito dei “capi” scelti dal popolo sosteneva che a volte superano per “ogni sorta di vizi e di crudeltà tutti gli altri tiranni”, finendo per trattare la comunità dei governati “come un toro da domare”.

                C’è poi un altro dettaglio che Grillo non considera, sintetizzabile così: “no taxation without representation”. La partecipazione al destino della comunità le persone che il settantunenne garante pentastellato vorrebbe escludere la pagano sotto forma di tributi. Nel 2016, ben 40,9 milioni di italiani hanno presentato la dichiarazione facendo emergere redditi per 843 miliardi (quasi la metà del Pil). Essendo stati 12,4 milioni gli incapienti, 30,8 milioni hanno denunciato un’imposta (Irpef) positiva. Questi connazionali leali col fisco hanno versato 156 miliardi. L’82 per cento di tale gettito (circa 130 miliardi) proviene dalle tasche dei lavoratori dipendenti e da quelle dei pensionati che Grillo vorrebbe cancellare dalle liste elettorali, semmai tenendo dentro coloro che (come ha certificato la commissione presieduta dall’ex presidente dell’Istat, Enrico Giovannini) sottraggono ogni anno trentotto miliardi di gettito Irpef alle casse dello Stato (in tema di esclusioni: perché non depennare gli “evasori”? Loro sì che non partecipano alla vita e ai costi della comunità, ma votano, godono del servizio sanitario nazionale e i rispettivi figli semmai non pagano le tasse di iscrizione all’università).

                Nessuno è in grado di stabilire in che misura il famoso quindicenne sia in grado di compiere una scelta elettorale informata e consapevole. Ma è evidente che forse qualche anno in più sulla carta elettronica di identità consente di portare nella cabina un bagaglio di conoscenze, di esperienza, di sensibilità umana e culturale costruito attraverso la lunga frequentazione delle cose del mondo. Quegli anziani che Grillo sembra dileggiare, alimentano in buona parte e in vario modo il famoso welfare familiare che in questi anni di crisi e nei prossimi che non saranno molto più floridi, ha consentito di turare le falle di uno Stato sempre più disattento e avaro (anche per limiti oggettivi di bilancio). Le guerre generazionali sono dannose come quelle di religione o quelle tra poveri. In ogni caso, se proprio il garante pentastellato è convinto di quel che scrive (“le generazioni non nate sono incapaci di influenzare le decisioni che prendiamo qui ed ora. Tuttavia, possiamo migliorare il loro destino spostando il potere decisionale verso chi tra di noi dovrà interagire con loro”), lo dimostri dando il buon esempio: si zittisca e si auto-espella dalla scena politica. In fondo questa Repubblica ha fatto a meno per sessant’anni delle sue raffinate elaborazioni socio-politologiche; può farne a meno anche per i prossimi sessanta.

 

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