Calasso fra i geroglifici di Browne

di PIERLUIGI PIETRICOLA

 

In un libro ormai difficilmente reperibile – Forma e significato di Jean Rousset – lo studioso ginevrino dichiara che la critica è l’arte di leggere un testo. Affermazione perentoria, all’apparenza vaga. Che, però, nasconde molto più di quanto ci si immagini.

La ragione sta nel fatto che il critico non è un semplice lettore. Egli deve saper innalzarsi ai livelli dei libri che affronta e che tenta d’illuminare. Dalla prima all’ultima pagina, ogni riga d’un volume è come un buio mondo entro il quale si deve riuscire a vedere ciò che un’immagine o un’idea, apparentemente messe lì a caso, possono rivelare. A quel punto, l’interprete afferra l’universo che ha smosso, lo condensa in un’analisi esultante e mai noiosa, trasporta il tutto in uno stile chiaro e tornito al contempo, e lo dona ai lettori.

Roberto Calasso ha fin da subito avuto il talento del critico. Certo, egli è divenuto molto più d’un esegeta: un pensatore che nel cercare bagliori che diano un senso ad un presente stinto e banale, conduce le idee al loro estremo inseguendole per vie inattese. E ben lo si comprende scorrendo le pagine di libri bellissimi, ormai divenuti dei classici, quali Le nozze di Cadmo e Armonia, Ka, La folie Bauedelaire o Il rosa Tiepolo.

Ma come è cominciato tutto? Da un libro che si attendeva da anni e che finalmente ha visto la luce: I geroglifici di Sir Thomas Browne.

Di questo lavoro, Calasso già anticipò due capitoli, pubblicandoli nell’edizione italiana di Religio Medici di Browne uscita dieci anni fa per Adelphi. Nella postilla conclusiva, egli ebbe a dire: “Intervenire su una tesi di laurea ha sempre un che di incongruo, perciò ripresento il testo senza alcuna modifica”. Della tesi che Calasso sostenne con relatore Mario Praz e correlatore Sergio Donadoni, mancavano tre capitoli. Ora finalmente la si ha per intero. E gettarsi fra queste pagine, è come respirare l’aria dei sapienti del Seicento i quali, incarnando un sapere vasto e variegato, ad occhi contemporanei possono apparire per eccentrici.

Ma, a ben riflettere, la ragione delle divisioni settarie dei vari campi del sapere in Occidente è invenzione tarda. Si ebbe con l’Illuminismo. Prima d’allora, per gli uomini di studio era normale consuetudine interessarsi di scienza, letteratura, filosofia, teatro, architettura, arte, ingegneria, fisica, matematica, geometria, chimica. Non altrimenti si spiegherebbero figure eccezionali come Leonardo, Vico, Bacone, Pico della Mirandola.

Sir Thomas Browne appartiene a questa felice schiera di dilettantisti Egli fu uomo elusivo sulla cui vita poco si riesce a sapere; di cultura “composita, stratificata e ormai remota”, la cui opera “si presenta come una complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano per essere separate e disperse”.

Il libro di Calasso non è che un tentativo – perfettamente riuscito – di sottrarre Browne dalla lontananza in cui pare esser stato relegato, e di ricomposizione di quel mosaico. Ne emergono tratti d’un uomo e d’un lavoro straordinari, che riassumerli nel breve respiro d’una recensione equivarrebbe a rendere il tutto banale. Ma una chiave d’accesso la si può fornire.

Si provi ad immaginare d’essere nel Seicento e di padroneggiare gran parte dello scibile, di sentirsi a proprio agio tanto nelle speculazioni filosofiche quanto nel mondo esatto delle scienze e delle humanae litterae, non solo d’Occidente ma anche dell’Oriente. Individui simili sono esistiti. S’è accennato a Pico della Mirandola, ma si pensi anche ad Abhinavagupta. Essi tentarono – riuscendoci – di divenire arbitri del mondo, al punto da insediarsi in concetti all’apparenza così diversi riuscendo ad essere sempre in perfetto agio e mai percependo alcuna differenza, nessuna insanabile divisione fra svariate forme di sapere.

Tutti costoro fecero esperienza della Tradizione, che è fra le più importanti ed essenziali. Intuirono, cioè, che grazie a quell’insieme di conoscenze e simboli presenti nella vita d’ogni popolo così come nei sogni e nella vita dell’uomo, “si può vincere – sono parole di Elémire Zolla – i limiti dello spazio e del tempo e si può giudicare la storia, la quale altro non è che un affiorare o un celarsi della Tradizione. Essa è l’unico punto d’appoggio per chi voglia sottrarsi al progresso verso l’inquinamento totale o la pianificazione totalitaria”.

I tesori che Browne ha nascosto in tutta la sua opera mai si comprenderanno se non si proverà ad adottare tale visione. Se non si tenterà di ascendere il Monte Ventoso della realtà quotidiana in cui si vive, per estraniarsi e osservare da salvifiche alture il panorama che d’attorno si profila.

Libri come Religio Medici o I geroglifici di Sir Thomas Browne possono costituire viatici perfetti per fare esperienza della Tradizione, ed uscire da quel piccolo spazio, che ottenebra animo ed intelletto, regalatoci dalla consuetudine del quotidiano.

Nello studiare l’opera di questo “scrittore per raffinati” quale Browne fu, Roberto Calasso non solo ha contribuito a far luce su d’un pensiero ormai distante dall’Occidente e quasi perduto, ma si è trasmutato divenendo egli stesso simile – per cultura e stile – al Browne che, passo passo, ha seguito, comprendendolo senza mai giudicarlo con strumenti inadeguati, e preferendo il dubbio all’ottusa certezza derivante dalla presunzione dell’afferrare il tutto coi consueti limiti del pensiero calcolante e banalmente razionale.

(Roberto Calasso, I geroglifici di Sir Thomas Browne, Adelphi Edizioni, 188 pagine)

pierlu83

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