Europa, Democrazia sovranazionale e valori della persona: la tavola rotonda con Romano Prodi

– di FEDERICO MARCANGELI –

In questa tavola rotonda presso l’aula magna dell’università “La Sapienza” di Roma,  l’Europa ha avuto un ruolo centrale. La sua presenza e la sua accezzione online sono state proposte come incipit della successiva discussione. Lo spunto di riflessione offerto dai dati dipinge la percezione di un’Europa puramente burocratica, vista dal cittadino in un’accezione negativa. Questo trend va smontato partendo dai dati reali, che mostrano uno scenario nettamente differenze da quello dipinto dai movimenti populisti italiani ed europei. Nonostante le varie strumentalizzazioni è innegabile che l’Europa vada riformata, per portarla all’altezza delle nuove sfide che la globalizzazione ci pone davanti, come ha sottolineato l’europarlamentare Roberto Gualtieri. Un’unione rinnovata che continui a respingere gli effetti negativi della crisi e spinga ad una nuova espansione economica. Nel frattempo occorre però ricordare anche tutto quello che è stato fatto fino ad oggi, soprattutto in momenti delicati dello scenario globale, in cui l’Europa ha contribuito ad una maggiore stabilità di tutti i paesi membri. Molto di quel che è stato fatto non è conosciuto dai più, anche perché si tratta di aspetti prettamente tecnichi che è difficile iper-semplificare. Non si può quindi competere con i populisti sfruttando il loro standard comunicativo, ma occorre continuare sulla linea del fare, con un piano programmatico serio e chiaro per portare l’integrazione al prossimo livello. Il professore Mauro Magatti ha successivamente posto l’accento sulla lentezza delle risposte che l’Unione ha dato in questi anni. Con riferimento alla crisi del 2008, ad esempio, la prima inversione di tendenza è arrivata nel 2014. E’ un obbligo fare di più se si vuole far ripartire la fiducia degli europei. In un discorso riformista reale, bisogna considerare ed ascoltare anche “l’uomo della strada” che, pur non potendo comprendere appieno le dinamiche europee, possiede delle istanze che vanno raccolte. Per intercettarle, l’Europa dovrebbe curarsi meno della Governance e più del Governo vero e proprio, per riavvicinarsi ai problemi del cittadino; non dimenticandosi della prima, ma riequilibrando un giusto bilanciamento tra le due. Queste richieste del cittadino sono legittime e non vanno sminuite, bensi intercettate. E’ necessario quindi ripensare l’Unione ed il suo processo di integrazione. Annamaria Furlan, segretaria generale CISL, ha posto l’accento sulla crescente perdita di centralità economica del vecchio continente. Finché siamo rimasti il “centro del mondo” siamo riusciti a compensare i costanti ritardi dell’integrazione europea, che hanno creato un sostanziale dualismo tra istituzioni comunitarie e singoli stati membri. Anche a causa di questo contrasto si sono prodotte delle situazioni di precarietà e povertà in molte aree del continente. Per dare nuova linfa vitale all’unione occorre dare nuovo valore al processo di integrazione, invertendo anche nella narrazione distorta dei partiti populisti. Romano Prodi ha chiuso questa tavola rotonda, con degli interessanti aneddoti derivanti dalla sua esperienza istituzionale. La prospettiva in questo caso cambia e la chiave di lettura è quella della pace generata da questi anni di esperienza comune. L’Europa ha certamente posto le basi per un’era di pace, ma ha certamente peccato in alcune delle sue politiche. Si sono fatte molte cose buone, ma si doveva fare di più sul piano politico al fine di unire maggiormente gli stati membri. Continuiamo infatti ad essere il maggior esportatore mondiale, ma stiamo perdendo man mano il nostro peso politico internazionale. In questa fase storica di crisi delle democrazie liberali e di acquisizione di soft-power cinese, avremmo dovuto (e dovremmo) sfruttare il nostro potere di mediatore internazionale. L’obiettivo non è quello di diventare una superpotenza globale, ma di acquisisre un ruolo super partes nelle tensioni globali. Fino ad ora non siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo, anche a causa delle tensioni nazionalistiche interne e all’assenza di una politica incisiva europea. Le spinte anti-europeiste finiranno quando l’Europa darà una vera sensazione di rappresentatività alle persone, rendendo visibili ed efficaci le sue politiche.

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