-di MAURIZIO BALLISTRERI-
Il mainstream dominante a livello planetario è quello del “politicamente corretto”, sposato da quella sinistra che ha abdicato alla propria funzione storica di rappresentante delle classi più deboli, rivendicando l’estensione dei diritti sociali, in favore della declamazione dei diritti individuali, in primo luogo quelli del libero mercato, e di quelli civili.
E in Italia questo nuovo genus di sinistra, legato all’establishment e all’ideologia della globalizzazione, esprime un diuturno impegno in favore dei cosiddetti migranti economici, che fuggono essenzialmente dai paesi africani, contestando con flash mob, petizioni e mobilitazioni le politiche restrittive dell’attuale governo rispetto ai flussi migratori.
Nei confronti di chi si oppone a questa posizione non si contano gli strali di sovranismo, razzismo via via sino al fascismo, rinnegando tutto un filone (a lungo maggioritario in Italia) della sinistra che riteneva i diritti umani tout court espressivi del cosmopolitismo borghese e in contrasto con lo spirito della classe operaia: Lelio Basso, uno dei padri costituenti, tra i maggiori teorici del socialismo nel nostro Paese nel dopoguerra, vicino a posizioni marxiste non dogmatiche, a tal proposito ebbe ad affermare che “Ma così come il sentimento nazionale del proletariato non ha nulla di comune con il nazionalismo della borghesia, così il nostro internazionalismo non ha nulla di comune con questo cosmopolitismo di cui si sente tanto parlare e con il quale si giustificano e si invocano queste unioni europee e queste continue rinunzie alla sovranità nazionale”.
Ma c’è da dire che il politicamente corretto da parte di una sinistra che tra privatizzazioni, austerity e monetarismo europeo, adesione acritica al mondialismo ha rinnegato le proprie radici storiche, non vieneutilizzato sempre, in particolare per non toccare la finanza globalizzata, risposta del capitale per risolvere la sua sovraccumulazione e la caduta del saggio di profitto, mediante la riduzione dei salari e del welfare.
Si guardi proprio alla questione, certamente drammatica, dei migranti, rispetto a cui si sostiene il libero accesso di queste folle di disperati, con dichiarazioni di fuoco e manifestazioni, ma senza alcuna condanna dello sfruttamento di queste povere persone.
Infatti, è di qualche mese or sono la terribile vicenda emersa dalle campagne calabresi (ma il fenomeno è diffuso in tutto il Mezzogiorno d’Italia e non solo), ove più di 3 mila persone vivono tra cumuli di immondizia, servizi igienici inesistenti, dormendo su materassi a terra o su vecchie reti, circondati dall’odore nauseabondo di plastica e rifiuti bruciati, sfruttate dal caporalato gestito dalle agromafie, per un lavoro duro anche per 15 ore al giorno senza riposo, a trasportare cassette di frutta o a raccogliere prodotti agricoli. L’Osservatorio “Placido Rizzotto” ha stimato che i lavoratori stranieri in agricoltura (tra regolari e irregolari) sarebbero 405 mila, di cui il 16,5% ha un rapporto di lavoro informale (67 mila unità) e il 38,7% ha una retribuzione non sindacale (157 mila unità).
Ebbene contro questa drammatica condizione non si sentono le voci della sinistra mercatistica né particolare impegno dei sindacati confederali: i diritti umani si invocano a proposito del libero ingresso dei disperati nel nostro Paese, ma non per tutelare i migranti dallo sfruttamento come lavoratori tenuti in vergognosi lager, sotto il controllo della criminalità organizzata, funzionali al dumping sociale.