Massimo Gizzio, un eroe ucciso due volte

-di STEFANIA CONTI-

Aveva 19 anni Massimo Gizzio. Era uno studente, quel 29 gennaio 1944 quando gli spararono alla schiena. Morì tre giorni dopo, il primo febbraio.

Roma era ancora sotto assedio – gli alleati sarebbero arrivati a giugno – nazisti e fascisti la facevano ancora da padroni. Sembrava che non si rendessero conto che da lì a poco per loro sarebbe arrivata la fine. Una città terrorizzata dove sembrava che vivessero solo donne, anziani, bambini e sfollati. Gli uomini giovani, renitenti alla leva erano nascosti nelle case, nelle cantine, o dove si poteva. L’armistizio era stato firmato l’8 settembre ed era stata ordinata la consegna delle armi, pena la fucilazione “per giudizio sommario”.

Ma la città non si sottomise. In quei nove mesi di guerra, di uccisioni e deportazioni, nacque un odio terribile contro i nazisti. I romani si organizzarono e cominciarono a combattere.

Uno di loro, era appunto Massimo Gizzio. Massimo era un partigiano, studente di giurisprudenza. Nel 1943 aveva aderito al Pci clandestino e insieme a Carlo Lizzani e Vincenzo Lapiccirella aveva fondato il comitato studentesco di agitazione.

Fu anche deferito al Tribunale speciale, ma l’evolversi degli eventi gli permise di tornare in libertà. E dopo l’8 settembre, senza esitazioni prese parte alla resistenza romana.

Il 29 gennaio 1944 , il comitato studentesco proclamò uno sciopero generale in tutte le scuole di Roma, contro i tedeschi e i fascisti. Gizzio era alla testa di un gruppo di studenti del ”Dante Alighieri”. Direzione, piazza della libertà. Stavano per arrivarci , quando una squadra di fascisti in borghese del gruppo “Onore e combattimento” cominciò a sparare sui manifestanti. Massimo Uffreduzzi centrò Massimo con un colpo di rivoltella alla schiena. Dopo tre giorni di agonia, Gizzio morì.

Finita la guerra, ci fu un processo. La corte di Assise di Napoli giudicò i fascisti Massimo Uffreduzzi, Sergio Bertolani, Carlo Alberto Guida e Giorgio De Michele. Nel corso del dibattimento, Uffreduzzi si vantò addirittura di aver commesso “un atto eroico”. Ma quello che fu più incredibile è che tutti e quattro furono assolti. Compreso l’autore materiale dell’omicidio, poiché – parole della sentenza – “anche lui è uno studente, travolto dal clima arroventato della guerra”.

A Massimo Gizzio sono stati intestati un circolo culturale e una scuola, dove ha insegnato a lungo la sorella, Maria.

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