-di FRANCESCA VIAN-
A Calais hanno costruito un grande muro per impedire ai migranti di saltare nei tir, di passare il Canale nella Manica e di raggiungere clandestinamente la Gran Bretagna. Le merci nei tir possono passare. Possono venire dalla Cina, dove sono fatte a pochi soldi, ed arrivare in Europa, dove saranno fonte di ricchezza di gente già ricca. O anche il loro basso costo avvantaggerà tutti. Specie a Natale: la fiera degli inutili oggetti. Dentro i tir, ci sono anche tanti bei telefonini nuovi. Contengono una piccola anima di coltan, estratto in Congo da bambini che muoiono prima dei vent’anni, per le radiazioni dentro cui lavorano. Le merci possono correre in pace. Gli esseri umani invece non possono circolare. Loro devono soffrire di là dal muro.
Il muro di Calais, in Francia, è costato milioni di euro, tutti finanziati dagli Inglesi, e io ci scommetto che è stato costruito prevalentemente da muratori stranieri. Però ora è muro inglese in terra francese, o muro francese a baluardo della terra inglese. Chi lo sa? Inutile definirlo. E’ fortilizio di antichissima memoria. E’ muro. Non serve a nulla: lo salteranno prima di Calais, lo salteranno ancora, con loro maggiore rischio. Tutto qua.
Tanti altri piccoli muri o grandi, ma comunque soprattutto alti… per essere invalicabili, troneggiano in Europa.
Il muro ha un altro grande vantaggio: è costruito per non vedere. Non si sa quello che c’è di là. A Monaco ne hanno fatto uno di gigantesco, solo per isolarsi dal campo profughi che c’è dall’altra parte. E’ un muro corto. Bastano 40 metri, ma molto alto, così nessuno passa… ma anche nessuno vede e nessuno sente. Non è una barriera trasparente antirumore. E’ muro. Il muro ha il beneficio di annullare i rumori, gli odori, le immagini.
La vecchia bella canzone di Eugenio Bennato “Che Mediterraneo sia” è ormai fuori moda. Il Mediterraneo è un grande cimitero. Puoi raccogliere le sue acque in una boccia e farne una piccola urna, su cui piangere la morte di una figlia. Un po’ come Nenni, che – avendo di che piangere, ma non avendo dove piangere – ha immaginato che uno dei tanti simboli di Auschwitz, potesse essere la tomba di sua figlia (nella foto di copertina, il muro vicino a Monaco quando era in costruzione, a 30 chilometri da Dachau).
A noi che a questi migranti glieli abbiamo fatti costruire tutti i muri delle nostre case postmoderne, adesso facciamo edificare dei muroni giganteschi, per impedire il passaggio di altri loro compaesani. Evidentemente abbiamo bisogno di schiavi, ma non proprio di così tanti.
Era caduto il muro di Berlino. E’ diventato pacchetto regalo, parcellizzato in tanti piccoli souvenir. Pezzi di muro in vendita, pezzi di ‘libertà’ in regalo. Simboli. Ora ne facciamo tanti altri di muri, altrettanti simboli, che chissà quando diventeranno souvenir in pezzettini. E chi lo sa? Forse anche, inaspettatamente, fra tre giorni di colpo, come è successo a Berlino.
Un gran bel ‘muro’ lo hanno eretto anche vicino a casa mia, in un piccolo paese alla periferia di Padova, dando la caccia accanitamente a un mio studente asiatico, rifugiato politico regolarmente accolto in Italia, che ‘tira avanti’ offrendo qualche rosa al cimitero. 5000 euro di multa, sequestro delle rose, articolo sul giornale, e ‘braccaggio’ quotidiano, perché non torni al cimitero. Accanimento natalizio. Contemporaneamente, nel cuore della città, la Dia sequestra una mega villa quattrocentesca a un mafioso italiano. Piccoli e grandi sequestri: però c’è una certa differenza fra una villa progettata da Vincenzo Scamozzi e quattro rose. C’è una grande differenza fra la mafia e la povertà.
Intanto a qualche altro cittadino del mondo non resta che morire in patria. Vittima di muri e di una indifferenza che continua, di una logica predatoria, che ancora vige indiscussa nei rapporti coi paesi del sud del mondo. Una prima soluzione? Fermarsi ad ascoltare. Sentirete storie incredibili, come quella del mio studente africano, che è fuggito dal capo della sua tribù, che voleva ucciderlo, per 4000 chilometri, e poi è salito sulla ‘petit pirogue’ con cui ha passato il Mediterraneo, insieme ad altri 200. Sono approdati in Sicilia in 192: 8 erano stati gettati in mare, morti di sete. Faceva caldo questa estate nel Mediterraneo, dì e notte schiacciati a morte nella barca, per quattro giorni. Se avesse piovuto, si sarebbero salvati tutti. Chi lo sa? Era colpevole di avere salvato sua sorella; l’ha accompagnata a piedi fino in Ghana per sottrarla alle mire del capotribù, che la voleva come undicesima moglie. Ma la bambina aveva meno di 10 anni. Così, il mio studente ha perso tutto il suo benessere, la sua vita, gli affetti. Ora è qui solo. E cerca di non pensarci. Era pagano. Adorava feticci e anime. Era stato da piccolo alla scuola francese, a trenta chilometri da casa. Aveva imparato il coraggio di reagire ai soprusi. Anche a costo della vita. Ora contesta gli dei del suo villaggio, mi parla di Dio, e prega 5 volte al giorno coi suoi compagni di stanza. I tanti che predicano contro i migranti avrebbero dato la loro sorellina in pasto al capotribù, e si sarebbero tenuti il benessere. Il ragazzo aveva un’attività redditizia e viveva felice. Anche forse qualche signora che grida contro il femminicidio lo avrebbe fatto. Il coraggio non sai mai dove si nasconda.
Perdonatemi, ma ho avuto tanti alunni, anche quelli di là e di qua di uno stesso fronte di guerra, serbi e kosovari, ad esempio, per non andare troppo lontani nel tempo e nello spazio, seduti allo stesso banco.
Quando li vedi allo stesso banco, ti sembra assurda la loro guerra. Non te ne puoi lamentare molto, perché tu sei il professore, e devi abituarli a credere nel futuro, nonostante tutto.
Ma, quando li vedi dimagrire, perché gli hanno sequestrato i fiori, ti pare che forse ci sia qualcosa di dissonante, in queste luci sempre accese, di un Natale sempre e solo ancorato alla crocefissione di Gesù Cristo. Un Natale che sa di venerdì santo, insomma, ma senza digiuni. Rigorosamente senza digiuni. Almeno per noi che siamo nati al di qua del grande cimitero… scusate, ho sbagliato parola, volevo scrivere… al di qua del mar Mediterraneo.