La notizia è scioccante ma non sorprendente. Perché da tempo nel calderone ribollente dello scandalo “pedofilia” affiorava il riferimento al coro di Ratisbona e perché questo problema che avvelena la Chiesa Cattolica è emerso con clamore negli Usa, in Irlanda, in Australia e in altre parti del mondo. In questo caso il clamore è dato dal luogo e dal fatto che il luogo rimanda indirettamente al “Papa Emerito”, Benedetto XVI. Il suo cognome è risuonato ieri e a farlo risuonare ha provveduto l’avvocato che ha messo a punto il rapporto in cui si parla di violenze su 547 bambini. Senza giri di parole Ulrich Weber ha sostenuto che il fratello del del Pontefice dimissionario “sapeva” e “di aver fatto finta di non vedere, e di non essere intervenuto nonostante sapesse”. Georg Ratzinger ha diretto il coro di Ratisbona dal 1993 al 2000. I fatti oggetto della denuncia sarebbero precedenti a quel periodo tanto che il fratello dell’ex Papa assicurò quando vennero fuori le prime voci che “ai miei tempi non ho sentito assolutamente nulla di abusi sessuali”.
La vicenda andrà evidentemente approfondita. Ciò non toglie che in qualche misura finisca per puntare al cuore stesso della gerarchia ecclesiastica. In questi anni Papa Francesco si è molto impegnato su questo fronte. Ma è evidente che il problema non si risolve né con le denunce né con le scomuniche né solo con la condanna e l’emarginazione dei preti che si sono macchiati di un reato (perché di reato si tratta e non solo di peccato) vergognoso. La malattia è radicata è, in qualche misura, non estirpabile semplicemente con le dichiarazioni di buona volontà. In tanti, a cominciare da autorevoli teologi come Hans Kueng (che di Joseph Ratzinger è stato prima amico e poi avversario), hanno sottolineato che il brodo di coltura di queste irrefrenabili pulsioni va ricercato nel celibato, una scelta che non deriva dalla predicazione di Cristo visto che i suoi apostoli erano sposati e che l’affermazione dell’obbligo procede di pari passo alla costruzione della struttura burocratica che ha accentrato nel corso di alcuni secoli il potere a Roma, nelle mani del vescovo più importante cioè il Papa. Francesco sta provando a far cadere alcuni tabù. A questo punto potrebbe provare a riaprire il discorso anche su questo versante, prendendo atto che fede e sessualità sono aspetti che coesistono nell’uomo e che se provi a reprimere il secondo, alla fine il rischio che corri è quello di aprire la strada a forme “malate” di “soddisfacimento”. E per la credibilità della Chiesa (e anche per la salute della nostra società) è molto meglio un prete sposato che un prete pedofilo.
iI TEOLOGI STUDIANO IL NULLA.—–MAGO PROF. SILVA(spettacoli) romanovincenzo123@libero.it