-di SANDRO ROAZZI-
Nell’audizione parlamentare sul Def il ministro Pier Carlo Padoan è categorico sull’Iva: non sarà aumentata nel 2018. Come dire che per ora il fuoco di sbarramento delle Associazioni del lavoro autonomo ha funzionato. In questo senso emerge un paradosso ereditato dal precedente esecutivo guidato da Renzi: con le parti sociali dialogo al minimo, ma meglio cedere in modo… autoreferenziale (apparentemente) quando si impuntano. Ma appare chiaro che sull’Iva non è detta l’ultima parola. Il Governo pensa di intervenire sulla spesa e sull’evasione fiscale per evitare di dover ricorrere alle clausole di salvaguardia, l’Iva è una di queste. Scelta come al solito almeno in parte aleatoria.
E poi c’è il 2019 in agguato, nel quale il nodo Iva finirà per essere una sorta di giudizio di Dio. Una resa dei conti finale, specie se la crescita continuerà a non entusiasmare tutti compreso il ministro Padoan, come ha affermato egli stesso in audizione. Figurarsi come possono pensarla lavoratori ed imprese… Nel 2019 i rinvii sull’Iva diverranno una cambiale da onorare. Ed a questo punto è possibile che la discussione torni a ruotare attorno all’ipotesi secca di una sola aliquota al 22%, magari con qualche eccezione all’italiana, come non dispiacerebbe all’Europa. Una operazione di tale portata è in grado di mettere parecchio… fieno nella cascina dello Stato, utilizzabile per la fin troppo balbettante crescita che tutti ormai ci rimproverano. Sarebbe una decisione saggia? Difficile a dirsi.
Certo è che non siamo più nella recessione che sconsigliava gli aumenti dell’Iva se non altro perché uno dei… buchi neri della crisi erano proprio i consumi. La propensione a spendere delle famiglie resta prudente ma è tornata in terreno positivo. Semmai è l’utilizzo pressoché totale per ridurre il cuneo fiscale a non apparire del tutto convincente ed è comunque difficile che un Governo imbocchi questa unica via. Se l’Iva dovesse cambiare in modo tanto sostanziale, il contesto nel quale questa svolta possa essere giudicata utile dovrebbe prevedere almeno una vera riforma IRPEF, con risposte anche per gli incapienti, un sostanzioso… gettone per le opere pubbliche (con tutto quello che c’è da fare sulla manutenzione, viadotti compresi), un supporto efficace per le politiche del lavoro e quelle industriali.
Oggi l’Istat documenta che forti difficoltà economiche toccano il livello allarmante del 12% della popolazione. Non e’ complicato capire che in quella percentuale sono compresi i senza lavoro, i giovani e coloro che dipendono da settori come quello edile tuttora in sofferenza e che, quindi, da questi punti critici si deve ripartire. Ma per ora come dicevano i latini, “quieta non movere”. Motto quanto mai… politicamente corretto, ma anche segnale della fragilità del momento.
Resta infatti il piccolo mistero, poco… buffo in verità, di un Governo che resta insoddisfatto della crescita (un contentino a tutti coloro che lo ripetono da settimane?), ma sceglie soluzioni di piccolo cabotaggio. La giustificazione sarebbe quella di garantire l’equilibrio dei conti per non mettere in sospetto gli ambienti internazionali e veder crescere di conseguenza… la spesa per interessi con la crescita… non dell’economia ma del rischio Italia. Sarà ma oggi un segnale di maggior coraggio sarebbe davvero necessario. Oltre ai Soloni ed agli speculatori internazionali ci sono anche le famiglie e le imprese italiane. Rispetto alle quali è giusto dire che la…pazienza non è infinita. Con ripercussioni politiche inevitabili. Ma non forse le migliori, visto che il trasversale partito della protesta populista non aspetta altro che l’affacciarsi di nuove delusioni.