Forbes, ecco i super-ricchi: in testa Gates

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-di ANTONIO MAGLIE-

Ogni anno la rivista americana Forbes provvede a stilare la classifica dei super-ricchi. Gioco piuttosto divertente, volendo anche un pò pettegolo perché nel momento in cui leggi finisci per sentirti un pò come quelle persone che guardano dal buco della serratura. Solo che in questo caso le nudità che scoprono sono decisamente più sconce di quelle anatomiche indebitamente carpite. Soprattutto se poi ci si diverte a fare qualche confronto, qualche paragone. E se scorrendo si ritrovano volti e nomi in qualche maniera associati al campo progressista in alcune delle ultime contese elettorali.

Bill Gates, ad esempio. Ha guadagnato (è proprio il caso di usare questo verbo) il più alto gradino del podio. La sua ricchezza quest’anno ammonta a 86 miliardi di dollari (più del Pil del piccolo Ecuador), undici in più rispetto al 2016. Sua l’ultima idea (peraltro condivisa anche dal candidato socialista alle presidenziali francesi, Benoit Hamon): tassare i robot. In fondo, un giusto tentativo non tanto per riequilibrare la ricchezza (mica mette lui mano al portafoglio), ma per risarcire in qualche maniera la gente comune che molto prevedibilmente incontrerà qualche difficoltà in più a trovare lavoro. Un vero filantropo, il vecchio Bill. Un uomo di mondo. Sarà per questo che Hillary Clinton in una mail poi svelata da Wikileaks inseriva anche il suo nome nella lista dei suoi possibili vice-presidenti (come è noto, non ha avuto bisogno di rileggerla).

Ma se questi erano i riferimenti progressisti della candidata democratica alla Casa Bianca, non bisogna allora sorprendersi se gli operai dell’Ohio o del Michigan hanno deciso di voltarle le spalle. Forse avrebbero preferito il più schietto socialista Sanders che, in effetti, non solo non contava sulla simpatia della “medaglia d’oro” tra i ricconi mondiali, ma nemmeno sull’endorsement della medaglia d’argento, Warren Buffett che, al contrario, aveva fatto pubblica dichiarazione di voto a favore della Clinton. Non solo. Per dare credibilità alla sua scelta di campo aveva anche spiegato che bisognava aumentare le tasse sui più facoltosi. In ogni caso per lui non sarebbe stato un gravoso impegno: dall’alto dei suoi 75,6 miliardi non avrebbe certo rischiato la fame se lo Stato gli avesse chiesto un piccolo obolo aggiuntivo. Poi c’è Jeff Bezos, l’inventore di Amazon, che risparmiando un pò sui lavoratori obbligati nei suoi tecnologici depositi a ritmi di lavoro decisamente stressanti, venendo retribuiti con salari certo non da nababbi, ha messo insieme 72,8 miliardi. Quindi c’è Amacio Ortega (Zara) che guarda il mondo dall’alto dei suoi 71,3 miliardi. Mark Zuckerberg (Facebook) con i suoi recenti sermoni ci ha illustrato l’armonioso mondo che intende costruire. Nel frattempo per sé ha costruito un piedistallo da 56 miliardi: dal punto di vista della personale armonia si è portato avanti col lavoro. Nella lista c’è pure Trump che fa quasi “tenerezza” con i suoi 3,5 miliardi, poca roba persino rispetto ai 25,2 di Maria Franca Fissolo moglie di Michele Ferrero, ai 17,9 di Leonardo Del Vecchio (Luxottica) e persino ai 7 di Silvio Berlusconi. In più per andare alla Casa Bianca ci ha pure rimesso: la sua ricchezza è diminuita di duecento milioni.

Con un certo trionfalismo, la rivista sostiene che questo per i ricchi è stato un anno d’oro. Infatti il club dei miliardari mondiali ha visto aumentare gli “iscritti” del 13 per cento. Ma, soprattutto, è cresciuta la montagna di dollari (7.670 miliardi) da cui ci guardano con un certo distacco (+18 per cento). In tutto 2.043 signori che si dividono il dieci per cento del Pil Mondiale. Gesù Cristo diceva “la verità vi farà liberi”. Ma questa può renderci solo un pò più nervosi.

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