Go Beyond: faccia a faccia col “lavoro agile”

-di MAGDA LEKIASHVILI-

Il mondo lavorativo è stato investito da quella che alcuni hanno chiamato la Grande Trasformazione. È il prodotto di due enormi cambiamenti mondiali: da una parte la globalizzazione e dall’altra la crisi finanziaria del 2008 (quella dei subprime) che in Italia ha avuto a partire dal 2011 un avvitamento pericolosissimo trasformandosi nella crisi dei debiti sovrani. Parallelamente l’impetuosa innovazione tecnologica modificava sistemi e cicli produttivi, praticamente in tutti i settori della nostra vita(basti pensare alla domotica. La globalizzazione ha aumentato la concorrenza, ridotto le distanze fra i mercati (annullando quelle che separavano i mercati finanziari), inserito nel gioco nuove imprese e nuovi players mentre nel frattempo la prospettiva del benessere faceva da acceleratore dei processi migratori, già massicci al netto delle guerre.

Tutto questo ha cambiato il lavoro: fatto scomparire vecchie funzioni, abbattuto o indebolito santuari del cosiddetto posto fisso (il pubblico impiego che in Italia non è colpito dai licenziamenti ma non assume e quindi cala dal punto di vista del numero degli addetti; il sistema bancario che sotto la spinta della tecnologia ha subito una trasformazione strutturale trasformando quella che un tempo era una ricchezza, gli “sportelli”, quasi in una palla al piede con la conseguenza che nei prossimi anni i processi di ristrutturazione determineranno un’uscita forzata di molti impiegati). Dall’altra parte ha pure creato modalità nuove lavorative in attesa in attesa di discipline più organiche per quanto oggi in alcune aziende regolate attraverso accordi contrattuali. Il termine che indica tutto questo viene dall’inglese e definisce un rapporto di lavoro subordinato che però può essere svolto anche lontano dall’azienda, determinando così un risparmio tanto dal punto di vista degIi spazi, quanto da quello economico in senso stretto (un posto-scrivania costa ottomila euro l’anno in media). Siamo nell’era dello Smart working, il lavoro agile che annulla la presenza fisica in una data struttura e, se ben regolamentato, consentirebbe un vantaggio anche per il lavoratore che potrebbe conciliare meglio gli impegni del proprio vivere quotidiano.

Il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy ieri ha discusso l’argomento con i partecipanti al corso di formazione Go Beyond (il ciclo seminariale di alta formazione organizzato dalla Uil, dalla Fondazione Nenni, dalla Feps e dal Forum dei Giovani). Proprio l’aspetto della migliore conciliazione degli impegni quotidiani, induce i sostenitori di questa modalità lavorativa proprio a sottolineare il più favorevole bilanciamento del rapporto lavoro-famiglia con la conseguenza di un miglioramento della soddisfazione personale che alla fine si traduce anche in un incremento della produttività. Al contrario, il minor coinvolgimento nelle dinamiche di gruppo incide negativamente sull’apprendimento venendo a mancare l’osservazione dei colleghi e la partecipazione/integrazione con il gruppo.

Guglielmo Loy afferma che a questo cambiamento paradigmatico bisogna abituarsi, ovviamente definendo distemi di tutela e controllo. Il segretario confederale della Uil intravede la necessità di un intervento da parte del sistema dell’istruzione, che deve preparare le persone a saper navigare nel grande mutamento, fornendo a tutti una grande preparazione generale: non si tratta di imparare un mestiere (concetto che potrebbe accentuare una divisione classista della scuola ritorando così a un antico passato) anche perché nel giro di poco tempo quel mestiere potrebbe scomparire; ma si tratta di costruire un background culturale, di conoscenze in grado di cogliere le opportunità che di volta in volta si presentano. Uno studio, insomma, che colleghi i percorsi curriculari con l’ambiente di lavoro. Dice Loy: “Diffido di chi dice: studiare serve, ma bisogna imparare il mestiere. Non bisogna imparare il singolo mestiere che fra dieci anni darà meno occasioni o non ci sarà più. Il rafforzamento di un processo di acquisizione di nuove competenze è la maggior tutela per chi si affaccia sul mercato del lavoro. Uno degli strumenti per difendere la dignità delle persone è quello di dare continuamente la possibilità di crescere, di imparare e adattarsi ai cambiamenti”.

Un discorso, comunque che chiama in causa tanto il governo e il Parlamento, quanto i sindacati tutti chiamati a definire le nuove regole. Nel suo intervento, il presidente della Fondazione Pietro Nenni, Giorgio Benvenuto ha sottolineato come il nuovo non debba fare paura perché la paura è uno stato d’animo negativo, semmai deve convincere le persone, soprattutto i giovani, a rivendicare nuovi diritti e nuove tutele per far in modo che la modernità non sia a svantaggio di alcuni e a svantaggio di tanti altri. Per Benvenuto il sindacato affrontare a viso aperto la Grande Trasformazione. Per benvenuto oggi nel mondo ci sono tre gruppi di persone: quello che guarda quel che succede, quello che commenta quel che succede e quello che fa succedere. E ovviamente il sindacato deve iscriversi a quest’ultimo.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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