La morte del Dj Fabo e l’indifferenza del legislatore

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-di VALENTINA BOMBARDIERI-

Un uomo ancora giovane di 40 anni. Un ragazzo che amava la vita a tal punto che dopo averla vista violentata dopo un incidente, diventando cieco e tetraplegico, ha scelto di voler morire. Ha scelto di poter scegliere. Ma non nel suo Paese.

L’Italia infatti è indietro anche su questo tema. Il dibattito sulle norme in materia di eutanasia è stato avviato per la prima volta nel 2013. Attualmente ci sono sul tavolo sei proposte di legge. Tutto è però fermo da un anno. Due giorni fa l’ultimo rinvio dopo il quale Dj Fabo, così era conosciuto Fabiano, aveva lanciato il suo ultimo appello: “Non sono depresso mantengo tutt’ora il senso dell’ironia, mi sento però umiliato dalle mie condizioni. Sono immobile e al buio, una condizione insopportabile che sono consapevole che potrebbe durare per decenni”.

In Italia si attende una decisione della politica sul testamento biologico che introdurrebbe la possibilità di lasciare per iscritto le proprie disposizioni nel caso in cui un paziente si trovasse non più in grado di intendere e di volere. Le volontà sono sempre revocabili e ogni paziente potrà disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari

Così Fabo è partito per la Svizzera, dove è possibile praticare il suicidio assistito. Il suo ultimo messaggio audio diffuso dall’associazione Coscioni recita: “Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille”.

“Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo”. Queste le parole di Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni e promotore di Eutanasia Legale. È stato lui ad accompagnare Fabiano Antoniani in Svizzera. Ora rischia da 5 a 12 anni di carcere per istigazione o aiuto al suicidio colpevole per aver “determinato il suicidio o rafforzato l’altrui proposito di suicidio, agevolando in qualsiasi modo l’esecuzione.”

Ci vuole coraggio a scegliere di morire, quando morire ti sembra l’unico modo di tornare libero perché “bloccato a letto e immerso in una notte senza fine”. Era un assicuratore, geometra, broker, amava viaggiare e faceva il Dj ed è dovuto scappare dal proprio Paese per esercitare un diritto e per smettere di vivere.

Se è vero che, secondo l’art. 7 della Costituzione, «lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani», viene da chiedersi perché il legiferare dello Stato italiano debba continuare ad essere sottomesso ad assiomi di una fede che non è religione di Stato, perché i cittadini italiani atei o di qualunque altro credo, debbano accettare di essere governati da principi religiosi che non condividono e che non sono costretti a rispettare.

Ma soprattutto viene da chiedersi perché mai sul “fine vita” (al di là della drammatica vicenda di Fabo e alla luce dei tanti casi sommersi e senza voce con cui tante famiglie italiane si confrontano ogni giorno senza avere l’aiuto di uno stato che si volta sempre dall’altra parte per interessi di tipo elettorale) non viene data applicazione coerente all’articolo 32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Domandiamoci: quanti accanimenti terapeutici vengono consumati nel chiuso di abitazioni, tra cittadini abbandonati al loro destino e familiari ridotti irrimediabilmente allo stato di vegetali?

Nessuno dovrebbe avere la presunzione o il diritto di decidere al nostro posto, soprattutto nessuno dovrebbe farlo nel momento più critico della nostra esistenza. Fabrizio De Andrè nella sua canzone “il testamento”, diceva: “Questo ricordo non vi consoli, quando si muore, si muore soli”. Ma se la solitudine è il tratto essenziale di quel passaggio (e non può essere altrimenti), è civile e razionale chiedere al legislatore (che fa spallucce e si volta dall’altra parte, impegnato com’è nelle sue polemiche inutili e villane) di garantire quella solitudine nella fase dolorosa dell’ultima e irrevocabile scelta.

Valentina Bombardieri

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