Part-time agevolato, l’ultimo flop del governo Renzi

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-di ANTONIO MAGLIE-

Era nato con un ampio dispiego di spot televisivi. È finito con una riedizione del flop già andato in onda con la bizzarra storia del Tfr in busta-paga. Appena duecento domande (una sola in Molise) per consentire di accedere al part time agevolato ai lavoratori che matureranno il requisito pensionistico dal punto di vista anagrafico (67 anni e sette mesi avendo almeno vent’anni di contribuzione) entro il 2018. Sinceramente né nel primo né nel secondo caso sarebbe stata necessaria l’uso della palla di vetro per prevedere il fallimento. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, l’aveva definito un provvedimento estemporaneo. Aveva pienamente ragione. Ma la valutazione andrebbe arricchita: si tratta di soluzioni adottate da governi (quello presieduto da Matteo Renzi) e ministri (quello del lavoro, Giuliano Poletti) che evidentemente conoscono molto poco non tanto le dinamiche interne alle aziende, ma le condizioni delle persone che, per giunta, non hanno l’anello al naso.

Anticipare il Tfr, come peraltro tutti sanno, avrebbe comportato una tassazione (seppur separata) meno conveniente di quella che viene applicata a conclusione dell’attività lavorativa. Peraltro, quei quattrini percepiti in un colpo solo consentono a famiglie che nel corso della loro vita non hanno potuto risparmiare somme consistenti, di affrontare spese di un certo rilievo (l’estinzione del mutuo, le spese matrimoniali di una figlia o di un figlio). L’idea che i lavoratori potessero essere convinti a sprecare una parte di quei quattrini per le piccole spese garantendo un’impennata dei consumi, era un’illusione alimentata non si sa bene da quali sofisticate analisi socio-economiche.

L’idea del part time (un taglio dal 40 al 60 per cento dell’orario) in attesa di andare definitivamente in pensione, invece, non ha fatto i conti con la svalutazione dei salari che si è avuta negli ultimi anni. Perché se è vero che un part time triennale con la riduzione dell’orario di lavoro del cinquanta per cento non avrebbe comportato una simmetrica riduzione del salario, è anche vero che ormai i salari-medi viaggiano intorno ai millecinquecento euro e che quella scelta avrebbe comportato un ridimensionamento della busta-paga di circa un terzo. In un Paese con salari più generosi le cose (forse) sarebbero andate diversamente, ma in Italia il quadro di riferimento è decisamente più deludente. In più non conveniva ai datori di lavoro che avrebbero ottenuto in percentuale un risparmio del costo del lavoro inferiore al taglio delle buste-paga. Un intervento più che estemporaneo, basato su calcoli e analisi completamente infondate.

antoniomaglie

One thought on “Part-time agevolato, l’ultimo flop del governo Renzi

  1. La stessa cosa succederà’ con la famosa ape ! Nessuno può’ permettersi un mutuo per andare in pensione! Anzi accadra’ il contrario ,che tutti vorranno rimanere a lavoro anche più’ del previsto .

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