-di FEDERICO MARCANGELI-
Negli scorsi giorni il neo Presidente americano ha proibito l’ingresso ai cittadini di 7 paesi a maggioranza musulmana: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan e Yemen. Il divieto è previsto per 90 giorni e provocherà il rigetto di tutte le richieste di asilo o permesso. Dal punto di vista formale l’azione è perfettamente legittima (al momento), perché rientra nei poteri di decretazione di Trump. L’atto rimarrà valido finché non verrà ritirato o dichiarato illegittimo ed avrà forza di legge. Anche i procuratori generali contrari hanno infatti dovuto applicare il provvedimento.
Quello che stupisce è però la totale arbitrarietà ed infondatezza dell’atto. In primo luogo, tra i paesi “selezionati” non rientrano né i maggiori esportatori di foreign fighters (come il Pakistan) ne quelli sospettati di finanziare il terrorismo internazionale (come l’Arabia Saudita). La scelta pare essere dettata dalle questioni economiche della Trump Organization. Emirati, Arabia Saudita ed Egitto sono infatti un terreno fertile per gli affari del Presidente.
L’analisi compiuta dalla stampa internazionale parla di accordi per 3 resort nei primi, 4 aziende nella seconda e 2 nel paese delle piramidi. Se la scelta delle nazioni da bandire appare quantomai assurda, lo è ancora di più l’idea stessa del provvedimento. Impedire l’ingresso di interi popoli senza valutare la storia del singolo individuo è quanto di più lontano ci possa essere dal concetto di democrazia. Ci si pone allo stesso livello delle Teocrazie che impediscono l’ingresso a determinate confessioni (come l’Arabia Saudita nei confronti dei passaporti con visti Israeliani): né più né meno.
Appare ancora più sconvolgente che a portare avanti una tale politica siano gli Stati Uniti, popolo formatosi esclusivamente grazie all’immigrazione. Una nazione che ha da sempre (seppur con alti e bassi) riconosciuto un valore importante al migrante, impostando anche la sua legislazione su queste basi. Per acquisire la cittadinanza USA basta infatti nascere sul territorio nazionale (Ius Soli), anche se la madre vi soggiorni irregolarmente.
Gli stessi principi internazionali vengono brutalmente violati da questo atto. L’articolo 14 comma 1 della “Dichiarazione universale dei Diritti Umani” sancisce infatti che: “Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”. Questa decisione di Trump appare proprio come una scelta totalmente fuori dal tempo e contraria ai principi basilari dell’occidente democratico. Sembra un ritorno al 1800, quando ci fu la messa al bando dell’immigrazione Cinese (Chinese Exclusion Act del 1882). Al momento l’unico spiraglio pare essere la Corte Suprema, alla quale dovrebbero essere sottoposti a breve una serie di ricorsi.