-di MAGDA LEKIASHVILI-
Da ieri la Casa Bianca ospita il nuovo presidente americano. Donald Trump inizia ufficialmente a guidare il paese. Cosa promette agli elettori? Di pensare solo all’America, di far ritornare il suo paese grande e di indicare nella storia della nazione il 20 Gennaio 2017 come la giornata in cui il popolo si è riappropriato del potere (ma i filosofi della politica sottolineano come queste affermazioni di solito nascondano la tentazione dell’uomo solo al comando, cioè di una deriva tutt’altro che democratica). Trump parla direttamente ai cittadini. Il discorso inaugurale lo ha dedicato a loro (a chi lo ha votato, però, perché gli altri hanno manifestato contro di lui, cioè contro il leader più divisivo della storia americana): promette di tutelare sempre e soprattutto gli interessi nazionali degli Stati Uniti. Anche perché, secondo lui, l’America per molti decenni ha arricchito l’industria straniera e agevolato le politiche militari di altri paesi investendo sempre meno negli interessi strategici a stelle e strisce.
“Abbiamo difeso i confini delle altre nazioni, rifiutando di difendere i nostri; migliaia di miliardi di dollari sono stati spesi all’estero, mentre le infrastrutture degli Stati Uniti sono cadute in rovina e degrado. Abbiamo fatto ricchi altri paesi, mentre la ricchezza, la forza e la fiducia del nostro paese sono scomparse oltre l’orizzonte… Questo è il passato. Ora stiamo guardando solo al futuro. Da oggi in poi, una nuova visione governerà la nostra terra. Da questo momento in poi, l’America verrà sempre prima”, ha detto nel suo discorso di investitura.
A questo punto dalla presidenza Trump dobbiamo attenderci che ogni decisione sul commercio nazionale e internazionale, sul fisco, sul governo dei flussi migratori, sulla politica internazionale sarà presa presa puntando a garantire un beneficio ai lavoratori e alle famiglie americane. Il presidente degli Stati Uniti si barrica dentro i propri confini, si isola rendendosi impermeabile alle interferenze esterne sulle sue scelte interne.
È un volo verso l’ignoto, commentano i media russi che pure hanno salutato insieme a Vladimir Putin la fine dell’era Obama con un gran sospiro di sollievo. Viene sottolineato come nel suo discorso Trump si sia rivolto ai vecchi alleati (certo non rassicurandoli) mentre ha evitato di citare la Russia, al contrario sempre presente nei discorsi del predecessore e quasi mai negli ultimi tempi con toni amichevoli. Il “nuovo corso” che col silenzio archivia la storia compromettente per il neo-presidente degli hacker moscoviti (ma sui rapporti tra The Donald e il leader russo la Cia sta ancora indagando) che si sarebbero adoperati per favorire la sua elezione, viene osservato con attenzione e malcelato ottimismo. I diplomatici russi sono convinti che gli Usa debbano ricostruire i rapporti di buon vicinato (anche commerciali, semmai in funzione anti-Cina) con la Russia per combattere e sconfiggere il terrorismo islamico.
La questione aperta rimane quella della Nato. Donald Trump alla vigilia dell’insediamento l’aveva definita un’organizzazione obsoleta. I suoi interventi sul tema hanno messo in allarme gli alleati europei esplicitamente invitati dal tycoon a mettere mano al portafoglio per partecipare in maniera più generosa al suo mantenimento, a non contare sulla “generosità” americana che, in ogni caso, non è mai stata disinteressata. Le sue intenzioni sono chiare ma è evidente che dovrà parlarne con gli altri partner, semmai ripensando a quello che gli ha detto Obama nei giorni scorsi e cioè che quelli a cui si è rivolto con toni indirettamente minacciosi fanno storicamente parte della “squadra” mentre Mosca di questa squadra non fa parte e, pur in un mondo senza i due blocchi, continua a essere per l’Occidente, soprattutto europeo, un vicino di casa grande, importante ma anche preoccupante. La posizione della Russia è chiara: considera l’Alleanza Atlantica un reperto archeologico figlia di una fase storica superata anche perché dall’altra parte non c’è più un Patto di Varsavia da fronteggiare. Poi la dislocazione delle truppe della Nato ai confini, nei paesi un tempo alleati di Mosca che ora sono in fila per sistemarsi sotto l’ombrello della Nato, evidentemente crea nervosismo a Mosca che si sente minacciata nei suoi interessi nazionali. Era la linea Obama, Trump sembra annunciare una inversione di rotta. Di incontri ravvicinati fra il nuovo presidente americano e Vladimir Putin per ora non se ne parla (fatta eccezione per qualche indiscrezione di stampa immediatamente smentita). Ciò non toglie che sarebbero in corso contatti tra gli uomini del leader russo e i collaboratori più stretti del Tycoon. Ci vorranno mesi, comunque, per un vertice.
Una cosa al momento appare sicura: la Nato nei prossimi anni non si allargherà ad Est e i paesi che attendevano il visto di ingresso (Georgia, Ucraina) dovranno attendere. Chissà per quanto tempo ancora.