Renzi è tornato. Tranquilli: non è cambiato

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-di ANTONIO MAGLIE-

“Io, la sinistra e i miei errori”. Il titolo in prima pagina de “la Repubblica” preannuncia un piatto ricco. Inevitabile ficcarcisi. Il titolo bisogna costruirlo per sollecitare la curiosità dei lettori anche se quando, come in questo caso, è troppo generico serve soprattutto a coprire l’assenza di reali novità. E, in effetti, la curiosità viene tradita dalla lettura. Lì dentro c’è il solito Matteo Renzi, fermo sulla auto-narrazione consolatoria di sé, avvinto molto più dell’edera all’idea di essere veramente l’Uomo della Provvidenza (in passato ne abbiamo avuti e spesso sono scomparsi in un orizzonte di macerie). Significativa, rivelatoria soprattutto una risposta. A Ezio Mauro che gli chiede se non si sia pentito di essere andato a Palazzo Chigi in seguito a “chiamata diretta” di Giorgio Napolitano piuttosto che passando attraverso l’esame elettorale, spiega: “Per la mia immagine è stato un errore, ma serviva al Paese e l’Italia vale più della mia immagine”. Certi esercizi di egocentrismo dialettico non sono inediti: sarebbe utile evitarli anche perché chi nel film ultracentocinquantennale di questo Paese li ha compiuti spesso è stato archiviato senza rimpianti, a volte pure inseguito da inappellabili condanne storiche.

Nulla di nuovo sotto il sole, a parte la valutazione di Grillo e del Movimento 5 stelle (“Sono un algoritmo, non un partito) e sulle derive non propriamente democratiche avviate con “contratti” che prevedono “penali” per chi desidera scegliere con la propria testa e non con quella del comico e della Casaleggio Associati (“Quelli che vedevano la deriva autoritaria nella riforma costituzionale, su questo tacciono”. Sbagliando, aggiungiamo noi). Per il resto Renzi è fermo al quarantuno per cento conquistato alle Europee (ciò che è avvenuto dopo, addirittura al netto della vicenda referendaria, non sembra averlo scalfito minimamente); non esiste il “giglio magico” ma solo tanti amici toscani troppo bravi per non essere catapultati al vertice dello Stato; il Jobs Act resta la cosa più bella e di sinistra del mondo e poco importa che gli ultimi dati ufficiali spieghino che la legge sarà anche straordinaria ma non ha funzionato o ha funzionato solo sino a quando c’è stata la decontribuzione nella versione integrale; che gli ottanta euro (peraltro positivissimi) sono stati la più grande operazione di redistribuzione del reddito dimenticando che la pressione fiscale è diminuita in misura molto modesta, che l’impoverimento dei ceti medi è il frutto di un sistema fiscale iniquo e più forato di un colabrodo, che a un sessanta per cento che paga le tasse corrisponde un quaranta che non le paga, che con buona pace dei diciassette miliardi recuperati l’evasione resta (insieme alla corruzione) il cancro di questo Paese.

È confortante sapere che intende rappresentare la sinistra. Peccato, però, che dal suo discorso non si riesca a capire a quale popolo la sua sinistra intenda parlare. Certo, non è colpa sua se è grande amico di Sergio Marchionne o di Oscar Farinetti o di Davide Serra, ma dovrebbe cominciare a intrattenere rapporti amichevoli con qualche operaio da milleduecento euro al mese, con qualche casalinga (semmai meridionale) dedita all’equilibrio di un bilancio familiare monoreddito, con qualche lavoratore pagato a voucher (che lui continua ad apprezzare molto), con qualche giovane con contratto a tempo determinato, con i tanti che il lavoro non lo trovano ma lo vorrebbero; con quelli che fuggono dall’Italia e con quelli che in Italia non tornerebbero nemmeno sotto la minaccia della armi (Poletti d’altro canto la risposta l’ha già data: meglio perderli che trovarli). Nessuno è contro l’innovazione, nessuno pensa di fermare a mani nude la macchina a vapore; nessuno è così ingenuo da non sapere che l’ulteriore sviluppo della robotica determinerà lo “sterminio” di posti di lavoro. Ma proprio per questo da uno che si definisce di sinistra vorremmo l’illustrazione di una visione, di un progetto, di una forma sociale capace non di creare ottimismo beota ma di alimentare fondate speranze di futuro.

Da un leader della sinistra in grado di valutare il mondo in maniera critica e autocritica ci attenderemmo una analisi concreata sui motivi per i quali da un lato Obama racconta un Paese (gli Stati Uniti) più felice rispetto a otto anni fa, ma dall’altro le persone in carne e ossa impaurite e sfiduciate votano un demagogo come Trump. È in questa dissociazione tra realtà effettiva e realtà narrata che forse si ritrovano alcune delle ragioni che oggi impediscono alla sinistra di tornare a volare. La gente semplicemente non crede a Obama e non crede a Renzi perché le parole possono essere anche belle e affascinanti ma poi c’è la quotidianità che le smentisce. E quel popolo che prima si alimentava con le speranze della sinistra (almeno sino a quando la sinistra è riuscita a tenersi alla larga dal pensiero unico neo-liberista), adesso si affida a chi ne sollecita, anche un po’ perversamente (e improduttivamente), la sorda e rancorosa emotività. Ma sotto quella sorda e rancorosa emotività ci sono problemi reali ai quali né Obama né tantomeno Renzi sono riusciti a offrire delle risposte. Al “mago di Rignano” basta ripetere slogan abusati e alibi sfilacciati come quello di non aver compreso in tempo il significato politico del voto del 4 dicembre (bisogna ammettere: ci vuole un bel coraggio, visto che il primo a dare alla consultazione un significato politico è stato proprio lui tanto da indurre persino il suo king maker, Napolitano, a consigliargli una attenuazione dei toni), per dare un senso alla sua attuale vicenda politica. Conclusione: Renzi è tornato (ammesso e non concesso che sia mai andato realmente via); tranquilli, però: non è cambiato.

antoniomaglie

2 thoughts on “Renzi è tornato. Tranquilli: non è cambiato

  1. Uno scritto così, una volta sarebbe finito a caratteri cubitali nella bacheca di partito. Purtroppo oggi non c’è traccia di socialismo, sinistra… e tantomeno di bacheche; peccato. E’ comunque un piacere leggerlo.

  2. Rettifico: non c’è traccia di socialismo a parte questo blog e Risorgimento Socialista… Cordiali saluti.

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