Più poveri e più divisi: la foto di un’Italia alla deriva

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-di SANDRO ROAZZI-

Se perfino la Confindustria segnala con preoccupazione che in Italia i poveri “assoluti” sono 4,6 milioni, ovvero il 157% in più rispetto al 2007 è segno che la situazione sociale del Paese non richiede vani ottimismi ma una riflessione collettiva di fondo. E poco vale sapere che gli industriali privati prevedono un Pil 2016 allo 0,9%, meglio del previsto, quando nel 2017 si… potrebbe tornare a scendere allo 0,8% confermando che se l’ anno prossimo prevarrà la litigiosità politica su scelte politiche forti sul terreno economico le difficoltà lieviteranno con esiti assai poco gradevoli. Anche perché l’Istat documenta come non solo la povertà è una questione sociale di primario rilievo ma che anche le diseguaglianze sociali si stanno approfondendo come se la recessione non avesse ancora compiuto del tutto la sua opera. Soprattutto il solco territoriale si accresce fra il sud ed il resto del Paese.

Non buona neppure la situazione occupazionale malgrado la “benzina” degli incentivi che si sta peraltro affievolendo. Il 25% dei giovani non studia e non lavora, un livello inquietante. A crescere, ma per effetto soprattutto dell’innalzamento della età pensionabile, è il numero degli ultracinquantenni anche se la disoccupazione giovanile ha intrapreso una lenta discesa. Ma in particolare colpiscono due dati del rapporto Istat. In primo luogo peggiorano i rapporti interpersonali, sintomo di uno sfilacciamento progressivo della coesione sociale. Siamo su questo versante agli ultimi posti in Europa, noi popolo da sempre socievole e solidale. Ed è sempre più arido e distante il rapporto fra cittadini e politica. Ai partiti viene dato un “voto medio” di 2,5. E verrebbe da dire che si tratta di un voto dato nel… vuoto, vista la condizione delle forze politiche attuali, assediato da una vita interna precaria e da scomposizioni continue.

E dire che la passerella dei nostri politici sui media è perfino asfissiante. Ma… forse anche per questo molti si girano dall’altra parte. Ma il disinteresse per la politica probabilmente è il frutto anche di altri due fenomeni: la mediocrità di una classe dirigente e l’ assenza di opportunità di formazione politica specie nei riguardi dei giovani. Aria di crisi che interpella anche le tradizioni associative del nostro popolo e che va contenuta non solo sul piano culturale ma forse ancor di più su quello etico. A chi toccherà affrontare con decisione e passione tale questioni però resta almeno per ora un… mistero.

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