Referendum, enigmi “transitori e finali” della riforma

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-di CESARE SALVI-

Molto istruttiva, in vista dell’imminente referendum costituzionale, è la lettura degli articoli 39 e 40 della legge, che contengono rispettivamente “disposizioni transitorie” e “disposizioni finali”. Di solito trascurate nel dibattito, può essere utile segnalarne qualcuna.

1. L’elezione diretta del nuovo Senato è impossibile. Il Presidente del consiglio afferma che il nuovo Senato sarà eletto direttamente dai cittadini, ha anche mostrato in televisione quello che sarà la scheda elettorale. Grillo lo ha denunciato per abuso della credulità popolare. Come stanno le cose? Il disegno di legge Fornaro – Chiti, secondo Renzi, dovrebbe risolvere la contraddizione contenuta nell’art. 57 (nuovo testo) Cost., che al 2° comma dice che i consigli regionali eleggono i senatori tra i propri componenti, e al 5° comma dice che essi sono eletti (dai consigli regionali) “in conformità delle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi comuni”. C’è poi anche un 6° comma, che dice che sarà una legge a regolare in concreto l’elezione dei membri del Senato; e secondo Renzi questa legge sarà, appunto, quella Chiti – Fornaro.

Molte considerazioni potrebbero svolgersi in proposito: per es. che si tratta, appunto di un disegno di legge, che in caso di vittoria del sì dovrà essere esaminato da Camera e Senato; oppure che in ogni caso essa riguarda solo 74 membri del Senato, non i 18 sindaci né quelli di nomina presidenziale.

Ma il punto vero è un altro: questa legge non potrà essere applicata alla scadenza del 2018, perché conserva il collegamento con l’elezione dei consigli regionali, e la maggior parte di questi non sarà rinnovata in quell’anno.

Che cosa succederà? Lo dicono chiaramente i commi da 1 a 5 dell’art. 39 che già contengono la legge elettorale del nuovo Senato che varrà “in sede di prima applicazione e fino all’entrata in vigore della legge di cui all’art. 57, 6° comma”.

Insomma, la legge costituzionale su cui si voterà il 4 dicembre esclude espressamente che possa applicarsi il disegno di legge Chiti – Fornaro, e prevede che i senatori saranno eletti dai consigli regionali, senza che gli elettori possano compiere alcuna “scelta”. Poi, se il nuovo Parlamento lo vorrà, si potrà cambiare; ma per il 2018 certamente no.

2. L’abolizione delle province e il comma Checco Zalone. Il testo della riforma non nomina mai le province: se ne deduce che sono state abolite. Ma le cose non stanno esattamente così. Con la legge Delrio del 2014, le province, “in attesa della riforma del Titolo V della Costituzione”, sono state trasformate in “enti di area vasta”.

Restano, ma con un nome diverso (e con elezione di secondo grado).

Eliminata la parola dal testo della Costituzione, le province, ora chiamate appunto “enti di area vasta” però rimangono ancora, e dove si trovano? Nel 4° comma dell’art. 40 (disposizioni finali), dove si dice che “i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta” sono “definiti con legge dello Stato”. Insomma, decostituzionalizzate le province, sono stati costituzionalizzati gli enti di area vasta. Chi ha visto il film “Quo vado” ha chiaro il concetto.

La principale differenza è che gli organi degli enti di area vasta non sono più eletti direttamente dai cittadini, come accadeva per le province.

3. Il ponte sullo stretto: Calabria e Sicilia. Il nuovo art. 117 della Costituzione non si applica alle regioni a statuto speciale. Lo dice il comma 13 dell’art. 39. Se quindi, ad es., il governo vorrà realizzare il ponte sullo stretto, potrà superare la (eventuale) opposizione della Calabria, ma non quella della Sicilia. Sarà insomma solo la Sicilia a decidere, con buona pace del principio di eguaglianza, che dovrebbe valere per tutti i cittadini italiani, quale che sia la regione in cui abitano.

4. Una norma misteriosa. L’ultimo periodo del comma 3° dell’art. 40 afferma che “restano validi a ogni effetto i rapporti giuridici, attivi e passivi, instaurati anche con i terzi”. Non si riesce a capire che cosa significhi questa disposizione, in un contesto che si occupa dell’unificazione degli apparati di Camera e Senato. Qualcuno lo spiegherà prima del 4 dicembre?

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