-di VALENTINA BOMBARDIERI-
“Tra mille voci che non dicono nulla, abbiamo voluto creare una piccola voce che dica qualcosa”. Queste le parole di Antonio Maglie, direttore della Rivista “L’Articolo 1”, presentata oggi nella sede della Uil FPL. A pochi giorni dal referendum in una “campagna elettorale a dir poco sguaiata” la Fondazione Nenni è riuscita ad organizzare un incontro costruttivo e denso di quell’onestà intellettuale e di quel rispetto umano mancati nella campagna elettorale referendaria. Moderatore è stato il bravissimo Sandro Roazzi. Abile nella contestualizzazione della discussione, nell’analisi di un periodo storico in cui c’è una forte esigenza di risposte, indipendentemente dalle pulsioni che induce la politica a porre la Costituzione e il referendum in cima alla scala delle priorità.
Temi sociali fortemente sentiti che si spera possano trovare nella rivista un luogo, di confronto e di proposta. La rivista, grazie alla collaborazione con un piccolo editore diamico e coraggioso, Bibliotheka, è disponibile nelle migliori librerie.
L’obiettivo della Fondazione è quello di contribuire a costruire, attraverso un prodotto editoriale che prova a fornire una sintesi delle posizioni e a illustrare con documenti i temi al centro della contesa, un elettore informato e consapevole come si conviene nelle democrazie più evolute, cioè l’esatto contrario di quel che hanno fatto i partiti annegando il merito del voto di domenica nel frastuono delle contrapposizioni, degradando un argomento così centrale nella vita di una comunità come le regole e le garanzie comuni, a uno scontro sulle persone (Renzi sì, Renzi no) di fatto impedendo una valutazione serena delle proposte e delle controdeduzioni. Insomma, come ha sottolineato Raffaele Morese, tutti i soggetti sono stati trascinati al livello linguistico del Movimento 5 stelle, cioè quello dei tweet normalmente carichi di offese ma privi di reale contenuto. Per l’ex dirigente sindacale della Cisl, sostenitore del sì (“ma non Renziano, come auto-ironicamente si definisce) ci troviamo di fronte ad un parlamento legittimo (come confermato dalla stessa sentenza della Corte Costituzionale che ha fatto decadere la legge elettorale nota come Porcellum) che sta facendo un passo in avanti sul versante della modernizzazione del sistema. Non siamo ancora atterrati nel migliore dei mondi possibili, ma per Morese questo è un primo tratto di strada verso la guarigione di una democrazia malata da tempo malata, come dimostrano le varie competizioni elettorali che hanno determinato una maggioranza alla Camera e una diversa al Senato. Una democrazia che ha bisogno di investimenti e che invece, essendo in salute precaria, sconsiglia gli investimenti che si fanno pensando al lungo periodo e consiglia la fuga di cervelli e aziende (come sottolineato anche da Sandro Roazzi).
Antitetica la posizione di Enzo Russo. Il capitalismo, secondo lui, non si fida di Renzi. Critico sulla riforma che crea un “deficit democratico” basato su un disegno costituzionale inconcludente. Secondo il Professore era meglio abolire il Senato piuttosto che generare una bicameralismo inconcludente e “pasticciato”. Convinto della necessità dell’Unione Europea così come Cesare Salvi che pone però il problema del rapporto tra diritto nazionale e diritto dell’Unione, tema che sarebbe dovuto essere prioritario in un disegno di riforma costituzionale. L’ex ministro del Lavoro è fortemente critico sui contenuti della legge di revisione, sulle motivazioni che ne sono alla base e sulla reale necessità, cioè l’accelerazione dei tempi delle decisioni, dei percorsi legislativi. Salvi si chiede e chiede: “Siamo sicuri che la velocità sia un valore positivo? La velocità non può essere considerata un valore aggiunto” al contrario la fretta può peggiorare la situazione facendo perdere alle “leggi perdono in trasparenza ed efficacia. Il problema vero dell’Italia è diametralmente opposto. Vengono fatte troppe leggi e troppo in fretta”. Cesare Salvi esprime i suoi profondi dubbi sui problemi posti al centro del processo riformistico. Siamo ammalati di ingovernabilià? O al contrario, il gap vero da colmare è la partecipazione? La stessa soluzione data con lo strano bicameralismo disegnato dalla riforma all’ex ministro del lavoro appare piuttosto difettosa. La sintesi finale l’ha tratta il presidente della Fondazione Nenni, Giorgio Benvenuto che ha voluto indicare anche un ruolo nuovo per la nostra Fondazione in un’Italia in cui i partiti non esistono più. Attraverso questi confronti, questi dibattiti, queste analisi giungere alla definizione di proposte. In un’ottica non di supplenza perché il ruolo di una Fondazione non è quello di un partito, ma di contributo alla rilancio di un discorso politico fatto di visioni e non semplicemente schiacciato sul contingente e sulla polemica contingente. Benvenuto ha, perciò, sottolineato il carattere aperto della Fondazione, confermato anche dall’impostazione data a questo numero della rivista tutta incentrata sul voto di domenica e dal dibattito di questa mattina. Avendo da segretario della Uil vissuto un altro referendum che divise profondamente il paese, quello sulla scala mobile di trentuno anni fa, il presidente ha sottolineato come in questo caso i limiti siano stati travolti perché in quell’altro durissimo confronto non venne mai meno il rispetto delle persone, pur nell’asprezza della polemica.