Il web, i “ghost” e il lato oscuro del M5s

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-di VALENTINA BOMBARDIERI-

Beatrice di Maio. Un nome balzato improvvisamente agli onori della cronaca politica e che cela tanti dubbi. Dopo una denuncia del giornalista Jacopo Iacobini su “La Stampa” si è alzato un polverone che mette in dubbio dichiarata e urlata in piazza “honestà honestà” del Movimento Cinque Stelle.

Beatrice Di Maio, un nome dietro cui si nasconderebbe una vera e propria rete. Un profilo si presume falso, o per la precisione un ghost. Post su twitter che sfociano in reati come la calunnia, la diffamazione e il vilipendio del Presidente della Repubblica. Una bandiera “total” (la società petrolifera) accanto a quella italiana sul pennone del Quirinale e la faccia del presidente, Sergio Mattarella. Nonostante Mattarella non sia stato mai nemmeno sfiorato dall’inchiesta del petrolio in Basilicata (quello che ha portato alle dimissioni della Guidi non perché invischiata direttamente ma perché tirata in ballo da relazioni affettive private). E poi accuse di “mafiosità” per il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il tutto per il trionfo della regola-cardine del web: “Ciò che siamo capaci di rendere virale prima o poi diventa vero agli occhi di chi vogliamo convincere”, come spiega “La Stampa” nell’inchiesta intitolata “Ecco la cyber propaganda pro M5S”.

Dopo l’articolo, il sottosegretario della Presidenza del Consiglio Luca Lotti, ha denunciato Beatrice alla Procura di Firenze.

L’account sembra essere collegato a tutta una serie di account satelliti legati al Movimento Cinque Stelle. Un profilo monotematico con circa 14 mila followers.

Ernesto Carbone, della segreteria del Pd, commenta così la vicenda “Cyber account, calunnie, diffamazioni, vilipendio, algoritmi, hacker russi filo M5s. No, non è un film di fantapolitica, ma la politica inquinata messa in campo dalla Casaleggio associati ai danni dei tanti militanti onesti che hanno creduto nella buonafede di un movimento che si definiva spontaneo”.

“Cos’hanno a che vedere i profili gestiti dalla Casaleggio associati con hacker russi? Qual è il disegno che hanno in mente Grillo e Casaleggio ai danni della politica italiana e del nostro Paese? Chi c’è dietro la struttura che gestisce l’account chiave di Beatrice di Maio, non un troll qualunque ma un vero e proprio sistema di connessioni che alimenta un business pubblicitario importante?”. Queste le domande poste da Carbone.

“Grillo, Casaleggio, Di Maio, Di Battista, – conclude – raccontateci la verità. Per una volta professate quell’onestà di cui vi riempite la bocca. Se volete anche tramite il vostro famoso account. L’ultimo guadagno non ve lo nega nessuno”. L’ultima richiesta. La vicenda sarà anche tema centrale di una interrogazione parlamentare.

Ma esiste veramente una struttura che lavora con il compito di diffamare il Partito Democratico e le istituzioni della Repubblica? I cinque stelle replicano: ” Troviamo ridicolo che il sottosegretario Lotti e il principale partito di maggioranza dedichino tempo a vere e proprie stupidaggini, che nulla hanno a che vedere con il Movimento 5 Stelle. Il governo piuttosto che dedicarsi al cyber-onanismo pensi ai veri problemi del Paese: la disoccupazione, i problemi della sanità, il dissesto ambientale, la corruzione e la povertà”. Le parole dei capigruppo M5S di Camera e Senato Giulia Grillo e Luigi Gaetti.

Al di là della questione tutta da chiarire il problema sembra essere tutto interno al Movimento e obbliga i grillini a fare un “mea culpa”. La democrazia del web non funziona. Sembra profilarsi una sorta di clan, di vecchia massoneria. Il web è un luogo fortemente manipolabile ed è impensabile affidargli il compito gravoso di strumento democratico. La (falsa) regola dell’uno vale uno (che viene apertamente declinata da coloro la recitano a memoria in “vale uno solo”, cioè GrilloCasaleggio) sembra crollare. Un Movimento che nasce sull’idea che il web sia lo strumento idoneo a costruire la democrazia diretta assume sempre di più le sembianze di una democrazia eterodiretta.

Noi siamo per la presunzione di innocenza, regola aurea della civiltà giuridica, a differenza di Luigi Di Maio: “Non sono a favore della presunzione d’innocenza per i politici. Se uno è indagato deve lasciare” (ma non sempre questo automatismo è scattato in casa pentastellata: Nogarin a Livorno è indagato eppure è al posto suo). Si è urlato allo scandalo e alle dimissioni ogni qual volta un avversario politico ha ricevuto un avviso di garanzia o in molti casi è stato solo citato in qualche inchiesta. Ora nell’occhio del ciclone ci sono loro, e a parte fare spallucce (come nel caso delle firme false di Palermo) non sembrano dare risposte ai loro elettori.

Se Beatrice di Maio non fosse Beatrice e se fosse veramente il lato oscuro della cyber-democrazia si presenta un problema molto grave a cui il Movimento Cinque Stelle dovrà necessariamente dare delle risposte. La modernità pone sempre dei problemi che vanno affrontati. E il problema che la Rete pone a tutti (non solo ai pentastellati) è che essendo una realtà altamente manipolabile (e diffusamente manipolatrice) alla fine si trasforma nel mondo dei fantasmi e i fantasmi fanno paura perché nella loro immaterialità nascondono le nostre pulsioni meno confessabili. Abbiamo salutato nei giorni scorsi Tina Anselmi che provò a svelare i misteri della P2. Perché mai non dovremmo svelare quelli del Web? Perché mai in questo mondo virtuale devono aggirarsi minacciosamente (perché le parole e le diffamazioni gratuite sono peggio delle pietre) soggetti anonimi legati non si sa bene a chi e mossi non si sa bene da chi. Questa è la democrazia dei pupi in cui contano solo i pupari.

Il web ha bisogno di regole e di strutture che controllino l’applicazione di quelle regole perché una democrazia che non sia fondata sulla trasparenza, sulla lealtà, sul confronto a viso aperto e non attraverso un “ghost” è una democrazia malata. Ed essendo malata produce paradossi come quello di un partito che accusa Renzi di non avere la legittimazione popolare delle urne e poi è guidato da due signori che non hanno e non vogliono ricoprire alcun ruolo all’interno delle istituzioni (e quindi non hanno alcuna legittimazione popolare) pur muovendosi tra Milano, Genova e Roma per andare a sistemare una giunta là e una lista qua; semplici cittadini che da semplici cittadini dovrebbero comportarsi e non confondere ruoli e attività professionali. Il Web non è il luogo più sicuro del mondo: truffe, identità rubate, intromissioni abbastanza agevoli anche in sistemi complessi. A settembre è stato resa pubblica da Yahoo la violazione di cinquecento milioni di account; il passaporto di Michel Obama è apparso in rete al pari delle mail dell’ex segretario di stato Colin Powell.

La democrazia è cosa seria: i politici già la manipolano con i mezzi tradizionali, evitiamo di mettere a loro disposizione altri strumenti semmai più sofisticati; evitiamo di passare dalle vecchie massonerie con cappuccio e grembiulino, dalle logge coperte da un materassaio di Arezzo a quelle che non hanno bisogno di coprirsi con i metodi svelati dall’Anselmi perché al riparo dell’oscurità dei cunicoli insondabili (almeno per quelli che hanno una frequentazione quotidiana per semplici motivi di lavoro) della Rete. Che ci sia un problema è evidente, come hanno dimostrato anche le recenti elezioni americane e non solo per i presunti attacchi degli hackers russi (e il contrattacco di quelli americani) ma anche per l’insicurezza del voto elettronico che ha obbligato in alcuni casi a sospendere le operazioni.

La vera o falsa Beatrice Di Maio twitta: “La #satira grande dimostrazione, la più alta espressione, di #libertà e #democrazia”. Ma questa Democrazia, basata su falsi account in grado di inquinare il dibattito politico e di rendere virali vere e proprie menzogne che inquinano l’immagine delle istituzioni assicuriamo alla Signorina,o a chi per lei, non piace proprio a nessuno.

Per approfondire la questione ci siamo rivolti a un esperto che ci ha spiegato come funziona twitter e quali sono gli elementi che hanno fatto balzare il nome di Beatrice di Maio alle cronache.

LA RETE DI BEATRICE

-di FEDERICO MARCANGELI-

L’account ha più di 14.000 followers, non moltissimi se consideriamo che i veri “big” della piattaforma viaggiano su numeri ben più alti.
Il problema relativo a Beatrice Di Maio appare legato alla rete che è riuscita a costruire intorno a sé.

Su Twitter, od in generale sui social network, una rete (o struttura) è un insieme di interazioni che un dato account (o, se preferite, una data persona) sviluppa. Si compone di vari aspetti: account seguiti, gruppi di cui fa parte, argomenti trattati, seguaci e reti di “amici”. Ognuno di noi ha una struttura sui social che, oltre a spiegare chi siamo, influenza i nostri contatti. Alla base dei sospetti su Beatrice Di Maio troviamo un’anomalia in questa rete, eccessivamente legata ad altre reti “anti-sistema” (anti-migranti, pro-trump ed altre). Senza entrare tecnicamente nell’analisi matematica, vi basti sapere che questi legami risultano essere anomali e portano a pensare ad una gestione dell’alto degli stessi. In altre parole: Beatrice Di Maio e gli account collegati potrebbero fare parte di una rete più ampia controllata da qualcuno. Lo scopo della rete sarebbe quello di influenzare le tendenze (o gli argomenti più trattati) online (sia di Twitter che di Facebook).

Valentina Bombardieri

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