Il pericoloso Steve che spaventa il mondo

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-di MAURO MILANO-

Capelli lunghi, in carne, abbigliamento non molto consono: pantaloncini casual, polo e camicia, una sull’altra e due penne agganciate. In una delle prime immagini che appaiono cercandolo, Stephen K. (Kevin) Bannon appare così, sprofondato in un divano di pelle marrone. In una mano il Blackberry, nell’altra una grossa tazza. Fissa sornione il fotografo. È sempre un po’ trasandato: giaccone, viso non rasato, niente cravatta. E sui social non esiste: ultimo post su Facebook nel 2013, 18mila followers su Twitter, ma l’ultimo cinguettio due anni fa, su Instagram c’è un suo account attivo e recente, ma sembra più un “fake” che altro. Eppure Donald J. Trump è Presidente Eletto Stati Uniti grazie a lui, si potrebbe dire. E tra un mesetto sarà uno degli uomini più importanti d’America, quindi del mondo.

The Donald nominerà Bannon suo Chief Strategist e Senior Consuelor, “Capo stratega” e “Consigliere più alto”. Il fatto ha scatenato indignazione, condanne e proteste, anche tra i repubblicani. Il suo linguaggio è diretto, farcito di parolacce. Gli dànno del razzista, dell’islamofobo, dell’antisemita, dell’omofobo, dello schiavista e del maschilista. Ha ricevuto accuse di violenza domestica dalla seconda moglie, Marie Louise Piccard, decadute in seguito alla mancata testimonianza in aula della donna. Si sarebbe, inoltre, secondo la Piccard, schierato contro la scelta della scuola delle figlie con affermazioni antisemite: “Non voglio che le mie figlie studino con ebrei. Non mi piacciono gli ebrei né la forma in cui crescono i loro mocciosi viziati”. La difesa di Bannon ha negato l’accusa, facendo notare che poi per le bambine fu scelto quell’istituto.

In tempi non sospetti (8 ottobre 2015) Bloomberg Businessweek ha pubblicato un lungo approfondimento su Bannon. Nel titolo del settimanale – di proprietà dell’ex sindaco di New York, politico indipendente, schierato con i candidati democratici nelle ultime tre elezioni –  “Steve” viene definito l’uomo più pericoloso che abbia a che fare con la Politica in America. Ha sempre detto tutto il male possibile di Obama, è convinto che tutte le teorie sul riscaldamento globale siano una grande truffa, si è espresso anche contro la pillola del giorno dopo. Ci sono Bannon e il suo sito d’informazione, breitbart.com, (definito giornalismo spazzatura, complottista, urlato, di estrema Destra) dietro le dimissioni dell’ex speaker repubblicano John Boener e dietro lo scandalo che riguarda il marito dell’assistente di Hillary Clinton.

L’aiuto del Government Accountability Institute (GAI), organizzazione no profit da lui fondata che si dedica a investigare sulla corruzione e gli abusi del governo, è stato fondamentale per la pubblicazione per il libro Clinton Cash, che rivela torbidi finanziamenti di paesi stranieri alla Fondazione dell’ex Presidente USA e di sua moglie.

“Quello che dobbiamo fare è dare un bello schiaffo al Partito Repubblicano”. è un suo vecchio cavallo di battaglia. È subentrato come responsabile della strategia politica di Trump nella campagna elettorale ad agosto. Quando il candidato ha dovuto rimpiazzare il capo staff, per accuse che riguardavano relazioni con la Russia. Bannon aveva promesso che Trump sarebbe un candidato più aggressivo ed efficace. E Trump è andato avanti, con l’accusa di non aver pagato le tasse, con il video-scandalo per le sue affermazioni sulle donne,  non ha avuto la meglio nei tre dibattiti televisivi secondo gli osservatori, i sondaggi dicevano che non c’è l’avrebbe fatta. Ma alla fine il bottino più ricco di Grandi Elettori è toccato a lui.

Breibart nasce come aggregatore di notizie nel 2005, ma due anni dopo si trasforma. Diventa una testata vera e propria, un Network di notizie “impegnato nella distruzione della vecchia guardia del giornalismo”, dalla forte impronta filoisraeliana. Dopo la prematura morte del fondatore, Bannon – che ha già una certa esperienza nei media – diventa il presidente della società Breibart News LLC. Sotto la nuova guida diventa il punto di riferimento della cosiddetta “alt-right”:  gruppo ideologico statunitense di Destra che rifiuta alcune idee tradizionali del GOP, il multiculturalismo e le politiche in favore dell’immigrazione. Bannon, secondo diverse opinioni dovrebbe essere il tramite tra Trump e questa ideologia, associata spesso con “nazionalismo bianco” e il populismo di Destra.

Il sito è di colore nero e arancione, ha titoli forti – tutti in maiuscolo – e un’ampia sezione dedicata al merchandising: felpe, t-shirt, cappellini. Ora è molto impegnato nella difesa di Bannon, contro le reazioni negative alla sua futura nomina.

La vita stessa del personaggio ha avuto così tante sfumature, chi sia, cosa sia, Bannon. È nato in Virginia in una famiglia di “colletti blu”, working class, kennediani. Lui stesso era un convinto democratico fino agli anni di Jimmy Carter. L’istruzione che ha ricevuto è piuttosto buona, prima la Virginia Tech – famoso ateneo teatro di un grande massacro nel 2007 – e poi il primo master alla Georgetown University di Washington in National Security Studies, il secondo a Harvard in Business Administration. Per sette anni è nella marina: dai cacciatorpediniere nel Pacifico e nel Mar Arabico al Pentagono. Le gaffe politiche e militari del 39esimo Presidente non fanno in tempo a deluderlo del tutto che rimane folgorato da Reagan. Negli anni ’80 si ritrova a lavorare per la Goldman Sachs (è il mondo finanziario che Oliver Stone racconta in un famoso film con Michael Douglas), occupandosi di investimenti, fusioni e acquisizioni di aziende. Nel 1990 si mette in proprio con alcuni colleghi: si specializzano in investimenti nel settore dei media. Si dedica anche al cinema –  sono 17 le pellicole prodotte o dirette da lui – e dirige un progetto di ricerca scientifica in Arizona (stato in cui Trump ha vinto). Secondo il pezzo di Bloomberg si è dovuto spesso reinventare, come un Gatsby, tra i vari settori. Ma è anche una carriera di luoghi. Due luoghi simbolo dell’America, e anche del suo sogno: Hollywood e Wall Street. E ora, alla soglia dei 63 anni, sta per varcane un altro: la Casa Bianca.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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