Se il “partigiano” non tollera il dissenso

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“Nessuno espelle nessuno, i nostri iscritti sono liberi di votare sì ma non facciano la campagna elettorale contro il no”. Andy Warhol sosteneva che ogni uomo ha diritto al suo quarto d’ora di notorietà, il presidente dell’Anpi di Treviso, Umberto Lorenzoni, se l’è sicuramente guadagnato con queste poche battute con le quali ha provato (inutilmente) a spegnere l’incendio provocato dal rifiuto opposto a Laura Puppato relativamente al rinnovo della tessera dell’organizzazione. L’esponente democratico sta facendo campagna per il sì al referendum costituzionale e per il presidente trevigiano dell’Associazione Nazionale Partigiani (schierata per il “no”) questo è un buon motivo per non rinnovarle la tessera: “Questo non vuol dire che i nostri iscritti non possano votare in modo diverso, ma almeno abbiano il buon gusto di non svolgere una campagna elettorale contraria”. Quando in estate il Pd renziano sembrava non voler ospitare l’Anpi alla Festa dell’Unità, questo blog ospitò un breve pezzo dal titolo: Se il Pd divorzia dai partigiani. Questa volta è un rappresentante dell’Anpi che in nome del buon gusto divorzia dal buon senso. La Resistenza è un patrimonio di tutti e nelle formazioni partigiane convivevano persone di differente fede politica. L’idea di confronto democratico che sembra coltivare il presidente trevigiano dell’associazione è più degno del vecchio Politburo del Pcus che di un consesso civilmente democratico. Non si difende la libertà, la democrazia e, soprattutto, la Costituzione negando il diritto di espressione, solennemente sancito proprio in quella Carta. Lorenzoni invece di pretendere il silenzio, dovrebbe consegnare la tessera accompagnandola con tante scuse e questa semplice frase: non condivido quello che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinché tu possa dirlo. In fondo è quello che fecero i partigiani. O no?

antoniomaglie

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