Oligarchia e democrazia

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-di CESARE SALVI-

Un editoriale di Eugenio Scalfari ha suscitato vivaci discussioni, che hanno trovato ampio spazio su “la Repubblica”. Quello che ha fatto discutere è la sua critica a Zagrebelsky, che nel dibattito televisivo con Renzi aveva parlato di “oligarchia” a proposito della riforma costituzionale sottoposta a referendum.

Intendiamoci, che nella moderna democrazia politica vi sia un elemento oligarchico è indubbio. Più che i riferimenti usati da Scalfari, sarebbe utile il richiamo alla “Sociologia del partito politico” scritto dello studioso tedesco Robert Michels nel lontano 1911. Guardando in particolare all’evoluzione della socialdemocrazia tedesca, egli teorizza che tutti i partiti politici si evolvono da una struttura democratica aperta alla base, in una struttura dominata da un numero ristretto di dirigenti: un’oligarchia, appunto.

Al di là dei molti limiti di questa teoria, in essa c’è indubbiamente del vero.

Non convincono però le conclusioni che Scalfari, e peraltro non solo lui, ne traggono. Sempre più spesso si critica il ricorso al referendum, nel quale il popolo (e non solo “coloro che sanno”) si esprimono con risultati criticabili e criticati (dalla Brexit alla Colombia), o sono usati dal potere come strumento plebiscitario (come da Orban all’Ungheria).

Lungo questa linea di pensiero, però, si va troppo lontano. E le elezioni politiche, allora?

Anch’esse possono dare risultati che non piacciono (come la vittoria di Trump alle primarie repubblicane), o almeno non piacciono alle élites (come Corbyn, nelle primarie laburiste, i 5 stelle a Roma, ecc.)

Credo che la questione che vada posta è un’altra:da chi sono costituite oggi, nell’Occidente, le oligarchie dominanti?

Non certo dai gruppi dirigenti dei partiti, ma da un gruppo di leaders politici, grandi managers e proprietari di banche e altri istituti finanziari (i famosi “mercati”), e gli intellettuali di riferimento (che spiegano come vanno le cose negli editoriali dei grandi giornali).

Questa nuova oligarchia, i cui membri svolgono ruoli intercambiabili (l’ultimo caso è quello di Barroso, premier portoghese, poi presidente della Commissione UE, oggi passato a Goldman Sachs), ha una sua ideologia, il neoliberismo, e usa il potere di cui dispone per conformare nel suo segno economia e diritto.

Oggi, “il popolo” non si fida più di queste èlites. E non a torto: hanno sbagliato tutte le previsioni, le loro politiche hanno condotto alla grande crisi iniziata nel 2006, non hanno modificato la situazione che ha creato la crisi, non la sanno risolvere, né sanno (o vogliono) affrontare i problemi che ne stanno derivando (aumento delle diseguaglianze, impoverimento del ceto medio, disoccupazione giovanile). E quindi “il popolo” tende a votare diversamente da come le èlites lo consigliano.

Allora il problema non è la democrazia, referendum compresi, ma una politica che , oligarchia o meno, sappia dare risposte a questi problemi in modo diverso dai populismi e neonazionalismi di destra. Ma una proposta politica di questo tipo non c’è, o non c’è ancora .

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

One thought on “Oligarchia e democrazia

  1. Caro Cesare Salvi….vorrei far presente l’arretratezza di pensiero e intendere Democratico sostanziale e progressista che sottende gli argomenti e le valutazioni di questo stucchevole dibattito in corso….il moderno intendere progressista non si struttura in modo tecnocratico attorno ad un capo, una casta dirigente, una oligarchia che si autorigenera come corpo distaccato dai processi in atto nell’intendere, conoscere e operare e governare, una simile interpretazione genera di per se un blocco cognitivo culturale e politico dell’intero moderno sistema Democratico. Sembrerebbe dalle considerazioni di Scalfari e di un po’ tutti gli <> ai lavori, che non sia mai esistita l’analisi gramsciana. Analisi che quando si riferisce <> supera il concetto di casta, classe e gerarchia, per rendere tangibile l’idea che siano tutti gli individui nei loro ruoli di funzione antropologica e di esistenza a contribuire, oltre la vecchia concezione gerarchica dei ruoli alla elaborazione e alla generazione di un intendere organico ai diritti, ai bisogni ed ai doveri umani, in un crogiuolo di complesse interazioni che determinano l’indirizzo di un intendere e operare conservativo reazionario o progressista rivoluzionario ed è in questa condizione che da tempo nel moderno intendere politico ogni categoria, in quanto specialistica o intesa come avanguardia innovativa non ha più senso, ed è soprattutto quando è l’intendere <> che è chiamato a svolgere funzioni di governo che emergono le arretratezze paradigmatiche di profondi vuoti cognitivi comportamentali che non sono colmabili con un intendere che non si sostanzi con il metodo scientifico e cognizioni congrue e sostanziali. Un metodo di intuire, intendere e comprendere che sappia cogliere le connessioni e le interazioni che determinano e caratterizzano le problematiche e le questioni in atto, sapendo comprendere e discriminare fattori e limiti cognitivo culturali e antropologici costituitesi anche in tempi remoti della storia socio evolutiva umana e che pongono questioni inedite da comprendere e da intendere nel determinare indirizzi di governo che sappiano far distinguere, anche nel merito delle singole questioni, cosa è priorità in funzione di un più complessivo progetto di messa in equilibrio dei diritti, dei bisogni e dei doveri umani da comprendere e saper cogliere come indirizzo dinamico, e non statico consolidarsi di caratteri burocratico tecnocratici che per loro connaturata tendenza tendono a bloccare in modo artificioso e surreale il naturale evolversi dei processi di modernizzazione del conoscere, sapere e intendere, sbilanciando anche inconsapevolmente a favore della stasi l’intendere e comprendere, svuotandone ogni capacità di vitale evoluzione anche solo di ricerca di tappe più avanzate di equilibrio e conoscenza. Dunque la Politica non può prescindere dall’espletare la funzione di coordinamento cooperante e concorso in quanto strumento di ricerca. E in quanto strumento che si struttura come intellettuale organico e laboratorio di conoscenza, metodo, prassi e proposta dell’ essere e pensare individuale e condiviso non più prigioniera di pregiudizi e conformismi inadeguati nel suo tempo di operare, e lo può fare solo se percepita, pensata e interpretata come non servile o autarchico servizio dei diritti, dei bisogni e dei doveri umani, dunque non un mestiere ma un metodo di intendere conoscere e comprendere sostanziale progressista di esistenza, al quale tutti sono invitati a partecipare e dare il proprio contributo di conoscenza, applicazione e apprendimento della propria intelligenza, oltre ogni gerarchia o necessaria funzionale specializzazione di cui è l’osmosi e l’organico relazionarsi organizzarsi operativo che in modo dinamico ne determini tempi e ruoli….uscendo finalmente da questa farsa di un intendere oramai decisamente fuori dal tempo, dalla storia…e pure fuori dalla benevola grazia del padreterno….prima che da farsa si tramuti in generalizzata insulsa tragedia.

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