Il puzzle dell’economia, e non solo, si complica

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-di SANDRO ROAZZI-

Arriva di tutto nel calderone economico mondiale ed il puzzle da costruire per per ritrovare un’identita’ aprezzabilmente confortante da cui partire si fa davvero complicato, se non impossibile. Cominciamo con la parte “ricca”: Fmi si premura di ricordare che il debito globale ammonta a 152 mila miliardi di dollari, il 225% del Pil, di cui 100 mila miliardi sono ascrivibili ad aziende e famiglie. A questo si aggiunga che la capitalizzazione di mercato delle banche ha subito un salasso di -430 miliardi di dollari. Con nomi celebri che si vohliono essere invischiati nel disordine bancario: basta porre attenzione a quel che si racconta di Deutsche Bank, oppure di Credit Suisse fino ai nostri casi nazionali. Tutto avviene mentre il contesto internazionale macina continue preoccupazioni per il commercio nei prossimi anni a seguito dei vari negoziati in panne, al ritorno ad un clima di guerra fredda fra Usa e Russia, all’angoscioso problema delle migrazioni bibliche. Insomma non c’e’ da stare allegri, anche perche’ le Istituzioni internazionali non hanno l’autorevolezza necessaria per imporsi, mentre aree come l’ Europa traballano ad ogni avviso di tempesta. E’ paradossale che tutto questo avvenga mentre i Premi Nobel illustrano i pasdi giganteschi compiuti nel campo della conoscenza che potrebbero davvero rendere miglliore la vita sulla Terra e non ingigantire le diseguaglianze . Giganti si’ ma forse non come i geni del Rinascimento, bensi’ come come i Dinosauri…Inutile anche invocare un ordine mondiale nuovo mentre di temono rischi di conflitti da far impallidire i pessimismi piu’ incalliti e la cui costruzione si scontrerebbe con la crecente arroganza dei populismi disseminati ovunque. In questo scenario sarebbe prezioso un contributo di peso di organizzazioni come i sindacati naturali portavoci di istanze di pace e di solidarieta’. Ma anche in questo caso la latitanza di una voce davvero unitaria ed incisiva, visti i timori nazionali e la conseguente difesa divergente del lavoro e dei redditi, spegne le eventuali speranze.

Tanto vale allora …ripiegare su frontiere piu’ modeste, le nostre. Anche in questo caso pero’ il puzzle non e’ per nulla facile. Si prenda il Pil delle diverse aree del Paese: la crescita del Sud appare dimezzata rispetto a quella del nord pur non essendo tutto uguale con alcune zone di eccellenza. Svetta invece l’Emilia Romagna che con l’1,1% precede la Lombardia all’1%. Lontanissime Calabria e Sardegna allo 0,3%. I distretti sono il vero bastione della produttivita’, ma non basta visto che piu’ di 100 mila persone vanno a cercare fortuna in altri Paesi mentre scricchiola perfino un principio fondamentale come la libera circolazione, come testimoniano le voci provenienti dalla Gran Bretagna e le dure repliche tedesche. La tenuta delle speranze di ripresa assomigliano sempre di piu’ ad isole sparse in un mare che sembra voler mostrare il suo volto meno benevolo. Nel frattempo cresce nel nostro Paese l’area della poverta’. Secondo la Caritas i poveri erano un milione ed 800mila nel 2007, prima della crisi, sono diventati 4 milioni e 600 mila nel 2015 (il 7,6%). E l’aspetto piu’ allarmante riguarda l’estensione territoriale da sud a nord passando per il centro del fenomeno. La poverta’ come emergenza nazionale. Vero e’ che una certa discontinuita’ con il Governo Renzi, secondo la Caritas, c’e’ stata, ma le risorse sono insufficienti e soprattutto serve un approccio diverso sulle questioni del welfare. Stanno arrivando al pettine tutti quei nodi che finora si e’ evitato di tentare di sciogliere? Se cosi’ fosse, almeno per la nostra parte, fa ridere, ma anche indignare, la rissosita’ politica di questi tempi.

In realta’ i veri sconfitti di questo smottamento economico e sociale si trovano proprio fra coloro che fanno politica da anni e che hanno volutamente rinunciato ad interessarsi di valori perche’ troppo occupati a coltivare interessi di parte e potere. Resta sempre da vedere se le soluzioni per uscire dai bassifondi politici nei quali siamo sprofondati, sono le migliori possibili. Intanto pero’ va osservato che Renzi nella visita al Cottolengo ha ricordato un dovere reale della politica: non dedicarsi ad esempio solo ai numeri dell’economia ma far fronte anche ai risvolti umani senza i quali una collettivita’ alla lunga non sta in piedi. Un messaggio condivisibile, anche se, probabilmente, sarebbe bene che lo rivolgesse ogni tanto anche verso di se e coloro che lo appoggiano. Certo e’ che per reagire a questo bradisismo economico, politico ed ideale, occorre una societa’ in grado di mobilitarsi. Prospettiva per ora non inesistente ma lontana.

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