-di ANTONIO MAGLIE-
Il disgelo metalmeccanico comincia in autunno, meteorologicamente in controtendenza. Cgil, Cisl e Uil torneranno a riunirsi con Federmeccanica il prossimo 12 ottobre. Nel frattempo sono stati eliminati dal tavolo gli impedimenti che avevano portato alla rottura di giugno. Soprattutto l’organizzazione imprenditoriale ha rinunciato a alle idee eversive di radicale “rinnovamento” contrattuale che tradotto in italiano corrente e comprensibile equivaleva a svuotare l’accordo nazionale dagli aspetti salariali (i benefici sarebbero stati dirottati tutti sul welfare), delegando la materia alle intese aziendali. Cosa abbia indotto Federmeccanica a mutare atteggiamento non è dato sapere. Ma è evidente che in questa scelta può aver pesato da un lato il cambio di linea di Confindustria nel passaggio da Squinzi a Boccia e l’accantonamento da parte del governo del progetto di salario minimo.
Ora la parola d’ordine è decalage. Per alcuni aspetti, la proposta di Federmeccanica riecheggia quella della Fiom (ovviamente con una chiara difformità nei valori economici: superiori quelli del sindacato guidato da Maurizio Landini). In sostanza, l’organizzazione datoriale offre un recupero dell’inflazione a scendere (dato per ormai archiviato il 2016, la totalità nel 2017, il 75 per cento nel 2018, il 50 nel 2019) con le cifre da definire a consuntivo cioè dopo una verifica alla fine dell’anno. Sui valori la distanza è ancora ampia perché a fronte di una richiesta sindacale di aumento pari a 150 euro, le percentuali indicate da Federmeccanica, agli attuali valori inflattivi piuttosto bassi, garantiscono un beneficio di circa settanta euro. Così come a Cgil, Cisl e Uil non piace molto l’idea del calcolo a consuntivo preferendo un calcolo preventivo sulla base dell’ipotesi di aumento del costo della vita. La soluzione potrebbe alla fine anche essere condivisa ma i contenuti vanno decisamente migliorati. Anche perché il decalage può essere accettato se è modesto ma nel 2018 e nel 2019 la percentuale proposta appare decisamente consistente. Inoltre, il 2016, a parere dei sindacati, in qualche maniera deve trovare una forma di sanatoria da un punto di vista economico. La proposta della Federmeccanica, poi, prevede anche interventi sul welfare che, secondo i calcoli, dovrebbero assicurare 90-100 euro nel triennio.
Sarà, comunque, un contratto che aprirà una finestra sul futuro. D’altro canto, gli stessi sindacati nel momento in cui hanno messo a punto la riforma del modello contrattuale hanno preso atto che il mondo del lavoro sta cambiando. Ciò non toglie che i due livelli contrattuali debbano essere salvaguardati, con il contratto nazionale che avrà una funzione sempre più “solidale”, garantendo un minimo per tutti e la copertura delle dinamiche inflattive, e un livello aziendale dove dovrà trovare soddisfazione la produttività. Anche per questo il sindacato si è impegnato a fare accordi anche in quelle realtà produttive in cui non è presente. È evidente che non è possibile ragionare con le categorie mentali di trenta o quaranta anni fa. Ma se nel 60 per cento delle realtà produttive italiane si chiudono accordi aziendali, nel rimanente 40 di quegli accordi non vi è ombra e normalmente si tratta di aziende collocate al Sud. Il sindacato non può perciò rinunciare al contratto nazionale perché finirebbe per indebolire lavoratori impiegati in realtà territoriali (il Sud) a loro volta già molto deboli. Un gatto che si morde la coda e che di fatto avrebbe come conseguenza la surrettizia reintroduzione delle “gabbie salariali”, cioè un bel ritorno agli anni Sessanta (d’altro canto già oggi chi lavora nelle aziende più forti attraverso gli accordi interni riesce anche a quadruplicare i minimi salariali).
In questo quadro, si segnala la determinazione di Maurizio Landini, questa volta decisamente interessato a chiudere il contratto. Il segretario generale della Fiom si prepara a tornare in Confederazione (e, successivamente, a proporre la sua candidatura alla successione di Susanna Camusso) ma approdare a Corso d’Italia (con quel tipo di ambizioni) non avendo mai firmato un accordo contrattuale nel corso della gestione della categoria, non sarebbe certo un viatico di straordinaria qualità.