-di SANDRO ROAZZI-
Mentre il dolore per la tragedia del terremoto non può diminuire, mentre l’Italia si stringe attorno ai familiari delle vittime, si levano richieste per mettere in campo piani pluriennali in grado di mettere in sicurezza un Paese quasi tutto sismico. Con il corollario che prevenire costa molto meno che riparare i danni. Con le devastazioni che abbiamo alle spalle queste considerazioni invece che convincere, indignano perché assomigliano ad ipocrite litanie già troppe volte sentite.
Anni fa ad esempio da parte sindacale, ma non solo, si fece la proposta di un piano decennale di messa in sicurezza, con risorse certe, che si avvalesse di un percorso parlamentare privilegiato e celere, godendo di una generale tregua politica per dare i risultati necessari. Cadde nel vuoto, nell’indifferenza totale degli insipidi eroi politici dei talk show. Fu ignorata mentre il Paese peggiorava come la classe dirigente. Oggi ci si domanda come trovare le risorse mentre la generosità degli italiani dà ancora una volta una splendida testimonianza di sé. La via da seguire questa volta non può che essere quella segnalata da Renzi: concordia nazionale, tutti intorno ad un tavolo per ragionare, individuare la strada, decidere e fare. Non ci sono alternative se si vuole mettere al centro il valore della vita e quello della nostra identità culturale e civile.
I soldi? Si usi buona parte della flessibilità che Bruxelles concederà. Altro che monte premi del Superenalotto. Si usi tutta, se serve. Si usino i proventi di una lotta alla grande evasione fiscale sempre meglio mirata, si tassino le grandi rendite senza esitazione. Del resto sappiamo tutti bene che nel passato l’indulgenza verso i settori più furbi e parassitari della nostra società hanno fatto mancare al bene comune ricchezze ingenti. È tempo di restituire.
Scelte troppo radicali che potrebbero scatenare le proteste? Forse da una parte del mondo che conta in economia? Se così fosse va risposto che… si fotta. Gli industriali privati, ad esempio, non possono lamentarsi delle attenzioni di cui sono stati oggetto in questo periodo. Rispondano facendo finalmente la loro parte. A partire dal ritorno al rischio. Vanno coinvolti, questo sì, come i sindacati. Ad essi va chiesto che si facciano custodi generosi ed attivi del bene generale del Paese. Ed usare in positivo la loro esperienza ed il loro rapporto con la gente che lavora. Questa e’ una svolta necessaria.
Che non implica in alcun modo la fine delle differenze, del confronto politico anche aspro, della competizione più dura per governare. Ma su questo crinale tanto essenziale, sembra doveroso ritrovare convergenze politiche forti. Sarà così? Difficile a dirsi. Sperare, certo. Se si guarda alle tragedie naturali del passato, si vede che non sono mai passati dieci anni senza qualcosa di catastrofico. Se la politica si giustifica per la capacità che ha di migliorare la vita dei cittadini, questa constatazione non può rimanere allora lettera morta.