Le grandi città in piena deflazione

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-di SANDRO ROAZZI-

Mentre il Ministro dell’economia Piercarlo Padoan chiede dal G20 di chiarire al piu’ presto il percorso ed i tempi di Brexit che di danni ne ha già fatti individuando nel Pil la sua vittima preferita, la Cgia rilancia l’allarme deflazione. In sei mesi siamo attestati ad un -0,2% che dipende non solo dal crollo dei prezzi energetici ma è fenomeno più vasto e tocca anche diversi beni alimentari che, per la Cgia, è prova delle difficolta’ che angosciano ancora non poche famiglie. Su 200 voci osservate ben 68 sono in deflazione. Ma e’ uno scenario che si complica se si osserva che a dare una… spintarella all’inflazione ci sono alcune tariffe, poste con un +9,8%, acqua con un + 4,55%, ovvero altri soldi in meno nelle tasche dei nuclei familiari.

I dati statistici si colorano anche di divertenti paradossi: se i pomodori “sbiancano” con un -7,2%, le umili… patate vantano un orgoglioso 8,2%. Un match dove pero’ coloro che perdono sono fuori del… ring, vale a dire i redditi medio bassi. Le grandi citta’, secondo Cgia, sono in piena deflazione con Milano che registra un -0,5%, Torino e Roma -0,4%, con il picco negativo del -0,8… appannaggio di Vicenza e Bari.

Già di recente si è corso indietro nel tempo, al 1959, per ritrovare una simile situazione deflazionistica. Ma quella era l’Italia del miracolo economico che l’anno dopo si sarebbe vista consegnare dal Financial Time l’oscar alla lira come moneta stabile. Con il cambio lira-dollaro alla mitica quota 625. Il boom prendeva slancio con un progresso del Pil fino al 1962 a ritmi poco inferiori al 7%. Era l’Italia che cominciava ad assaggiare termini come benessere, consumismo, superfluo. I frigoriferi scalzavano l’acqua fredda, il sale e le cantine per conservare i cibi, tanto che più di una famiglia su due poteva esibirlo in casa. E le tv balzavano da un 12% ad un 49%, mentre le auto che si avvantaggiavano delle grandi infrastrutture in costruzione erano ormai vicine ai 4 milioni di unità.

Era l’Italia dell’export, dei grandi gruppi e delle medie aziende in prepotente ascesa anche per il basso costo del lavoro. Nasceva il… tic del borsellino, come fu chiamata la propensione agli acquisti, mentre esplodeva la migrazione dal sud al nord in cerca di lavoro: 800 mila italiani l’anno, molti giovani, lasciarono il loro paese per le grandi città industriali del nord. Era un Paese che credeva in se stesso pur fra mille contraddizioni. E come avviene quando una società alza la testa anche la cultura viveva una stagione straordinaria con il Nobel a Quasimodo, il premio Strega al Gattopardo e nei cinema film come la Grande guerra e La dolce vita. Tutto si faceva con piu’ coraggio, con piu’ speranza, con piu’ voglia di vivere. Dieci anni più tardi l’autunno caldo completò quel cammino riconoscendo il valore del lavoro sul piano dei diritti e salariale. Di quel tempo cosa resta? Lo zoccolo duro su cui regge ancora buona parte del Paese. Non e’ poco.

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