Le responsabilità del dissesto idrogeologico

alluvione-in-maremma-3bmeteo-61171

 

-VITTORIO EMILIANI-

Di fronte ai nuovi disastri alluvionali – che anticipano l’autunno con piogge intense – ci si lava la coscienza parlando, ai Tg e altrove, di “bombe d’acqua”. Quest’ultimo termine lo si può usare legittimamente per l’alluvione che ha invaso di nuovo la pianura maremmana. La “bomba d’acqua” è un fenomeno che si manifesta in pianura laddove l’agricoltura è divenuta da promiscua che era, specializzata e industriale. Ciò ha comportato la tombatura e la eliminazione di tutta una rete di canali e canalette, nonché di siepi e di filari, di “piantate” che comunque rallentavano e disperdevano in più rivoli le acque piovane. La loro concentrazione in alcuni pochi canali o torrenti, insieme alla caduta della pioggia ben più veloce dalle strade collinari tutte asfaltate ne provoca l’improvviso straripamento. Si obietta: sì, ma perché le piogge attuali sono ben più violente di un tempo. Qui lascerei la parola agli idrologi e agli statistici. Se ciò fosse vero, tanto più agguerrita, continua, pianificata deve risultare l’opera di “ricostruzione” di un sistema di difesa del suolo, di un sistema idrogeologico intaccato, sconvolto o addirittura devastato a monte dall’abbandono delle terre alte all’inselvatichimento o, in collina, disboscate per far posto (come nel Veneto e anche in Toscana) a sempre nuovi e più redditizi vigneti che però vengono impiantati “a ritto chino” e non più “a scavalca poggio”. Prima infatti si piantavano i vigneti seguendo l’andamento collinare, operando per ogni filare uno “scasso” che diventava automaticamente un filtro per le acque piovane. Ora invece i filari vengono piantati perpendicolarmente, scendono dritti a valle, e, oltre che brutti dal punto di vista paesaggistico, sono pericolosi perché le acque piovane scendono senza filtro né freno indebolendo via via la struttura stessa del dosso collinare. Questa la causa di tante frane nell’Oltrepò pavese vitivinicolo, probabilmente della stessa recente tragedia accaduta nel Trevigiano dove al disboscamento è seguito l’impianto di vigneti intensivi “a ritto chino”.

All’origine di tutto ciò che rovinosamente sta accadendo, a Genova come in Maremma e altrove ci sono alcune cause: a) un abusivismo edilizio spaventoso e suicida (tutta la costa del Gargano o quella di Olbia è abusiva) e una “legalità edilizia” avventurosa (vedi Genova e dintorni); b) la mancata cura degli alvei montani e collinari dei corsi d’acqua e l’occupazione di quelli di pianura con costruzioni di ogni tipo nelle aree golenali e oltre; c) la latitanza di un piano generale nazionale di riassetto idrogeologico, di messa in sicurezza idrogeologica e sismica insieme (calcolabile oggi in 40 miliardi di euro in quindici anni): disattesa la proposta della commissione De Marchi del (1970) che chiedeva un piano da diecimila miliardi di lire suddiviso in dieci anni, addirittura disossata e devitalizzata la bella legge sui bacini idrografici nazionali e regionali (la n.183 del 1989) ad opera dei Comuni e delle Regioni, col risultato di avere Autorità di Bacino impotenti e di non aver ancora costituito le Autorità di Distretto previste dalla Unione Europea. I piani di assetto idrogeologici sono stati redatti dalle Autorità, vanno aggiornati, ed è questo il Salva Italia che ci occorre come il pane. Non lo Sblocca Italia che incentiva nuovi inutili tronchi autostradali e un’edilizia di mercato che non ha mercato…Bisogna riportare in onore la pianificazione e attuarla anno dopo anno, altrimenti tutta l’Italia viene giù fra i lamenti degli stessi responsabili, spesso, dei mille pazzeschi abusi. Ma si può spendere soldi di tutti per indennizzare degli abusivi scriteriati? Si può continuare a rincorrere disperatamente ogni emergenza per non averla saputa prevenire? Abbiamo speso sei-sette volte quello che costava nel 1970 il piano della commissione De Marchi per rattoppare, incerottare, riparare precariamente i guasti ambientali. Si può essere più imbecilli di così?

 

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

2 thoughts on “Le responsabilità del dissesto idrogeologico

  1. bellissimo articolo, concordo in pieno. quello che manca, oggi, è questo tipo di analisi: è sul territorio che dobbimao investire, perché è un investimento intelligente — dobbiamo, da socialisti, non solo combattere la logica del profitto fine a se stesso, che ha causato dissesti idrogeologici, ma anche trovare forme di investimento ecologiche, ecocompatibili…

Rispondi