Aboliamo le Regioni

REGIONI-ANTONIO TEDESCO-

La scommessa di Renzi è quella di abolire il Senato così come incassare il via libera allabolizione delle province entro le elezioni europee. Un’altra idea shock di Renzi è quella di accorpare le regioni e riorganizzarle in macroaree, sostenendo la proposta formulata dal Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro.

La proposta potrebbe avere un vasto consenso: dal nostalgico Grillo, convinto che “per far funzionare l’Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie”agli spiriti secessionisti della Lega Nord, che vedrebbero nelle macroaree il passaggio intermedio verso la realizzazione della tanto agognata “Padania”. Sono pronti e favorevoli anche i filoborbonici.

Quali rischi si celano dietro? Non c’è bisogno di essere meridionalisti per capire che ci troviamo difronte ad una scelta rischiosa che finirebbe per rimarcare ed aumentare gli squilibri territoriali, tra Nord e Sud.

A battersi in favore dell’istituto regionale, fedele ad una cultura ostile all’accentramento amministrativo, fu in particolare la Dc; ma furono i governi di centro sinistra che fra il 1965 ed il 1967 spinsero per la riforma regionale proponendo di avvicinare i cittadini ai centri decisionali ma soprattutto per superare lo squilibrio territoriale fra Nord e Sud, attraverso una produzione legislativa capace di rispondere ai bisogni di ciascun territorio; A distanza di 40 anni dall’avvio della riforma le Regioni, gli obiettivi dell’ambizioso progetto, sostenuto dal Partito Socialista di Nenni, non sono stati raggiunti e sono aumentate le diseguaglianze regionali, come si vede in particolare nel settore della sanità.

Le Regioni oggi sono il vero bubbone d’Italia: sprechi, classe politica inadeguata. Un ceto politico, quello regionale che supera quello nazionale. Non si tratta solo dei circa 900 consiglieri regionali e dei relativi collaboratori, ma secondo alcune analisi non è esagerato stimare nell’ordine delle 40-50.000 unità il ceto politico collaterale. Secondo il calcolo fatto dall’Espresso, sono almeno 521 i consiglieri regionali (o ex) sotto indagine. L’insoddisfazione contro la classe politica e di governo non solo nazionale, ma anche regionale è evidente dai risultati del Referendum in Veneto.

Invece per diminuire i costi della politica si continua ad invocare l’abolizione delle Province. Le analisi sui risparmi dei costi abolendo le provincie dimostrano che sono molto limitati. In primo luogo perchè il personale amministrativo, che rappresenta una delle più consistenti voci di spesa, non può essere licenziato; i compensi dei consiglieri provinciali sono ben più modesti di quelli dei consiglieri regionali; parte delle articolazioni locali dell’amministrazione statale che è organizzata su base provinciale (prefetture, questure, provveditorati agli studi, delegazioni locali delle ragionerie dello Stato,ecc.).

Ed allora, perché non abolire le regioni, invece di accorparle?

Perchè non rilanciare il ruolo delle Provincie per la difesa del territorio, per le politiche a favore dell’occupazione, per il turismo, la cultura e i servizi integrati territoriali?

fondazione nenni

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