Nei giorni scorsi si è parlato molto della proposta del Ministro delle finanze tedesco Wolfang Schauble di assegnare al Commissario Europeo per gli Affari economici maggiori poteri, finanche di veto, nell’approvazione dei bilanci dei singoli Stati dell’Unione Europea. La proposta ha suscitato numerose reazioni, contrastanti, da parte dei vari leader europei. Il Presidente del Consiglio Monti l’ha bollata come non necessaria. Il Governatore della BCE Mario Draghi si è invece dichiarato a favore della stessa. Ma da dove nasce questa proposta e in che termini essa potrebbe essere discussa ed accettata?
Sono ormai alcuni mesi che la Merkel promuove una maggiore integrazione politica fra gli Stati europei. La Cancelliera ha iniziato a parlarne vagamente quando alcuni Stati europei hanno proposto di mettere insieme il debito pubblico europeo, o quanto meno una parte di esso, tramite l’emissione di Eurobond. La posizione tedesca era chiara: nessuna disponibilità a prendere sulle proprie spalle il debito di altri Paesi europei, a meno di non avere una maggiore e più incisiva capacità di controllo sulle finanze degli stessi. Inoltre, la posizione tedesca era giustificata anche dall’osservazione di quanto avviene negli Stati Uniti, dove la politica fiscale è accentrata e la politica monetaria è indipendente. Oltreoceano, nonostante il debito pubblico sia pari al 100% del PIL ed il deficit all’8,7%, valori nettamente peggiori rispetto a quelli europei, rispettivamente pari all’87,2% e al 4,7%, i tassi di interesse sono molto più bassi che nell’Eurozona e vi sono tensioni inferiori sulla liquidità.
Nelle ultime settimane, dunque il Ministro delle Finanze tedesco ha concretizzato l’idea della Merkel con una proposta che va nella direzione dell’accentramento della politica fiscale. Nella scelta della tempistica, avrà probabilmente avuto un peso la convinzione che la politica monetaria della BCE rischia di essere sempre meno indipendente, a causa delle operazioni di mercato aperto lanciate da Draghi che porterebbero la BCE a detenere centinaia di miliardi di Euro di titoli emessi da Paesi in difficoltà.
Se queste sono le ragioni più spendibili, vi sono anche delle motivazioni più profonde. Da mesi la Germania si avvantaggia di tassi di interesse bassi, dovuti all’afflusso di denaro verso quello che è ritenuto un Paese estremamente affidabile, a scapito degli altri Paesi europei, che pagano tassi di interesse eccessivamente elevati. Inoltre, il potente apparato manifatturiero tedesco in gran parte produce per vendere all’interno dell’Unione Europea. Il progressivo indebolimento di quello di altri Paesi, quali quello italiano e francese, è un vantaggio per la Germania. Ecco perché la Merkel, fiancheggiata dagli altri Paesi mitteleuropei, potrebbe avere interesse a mantenere gli Stati dell’Europa occidentale in una condizione di soggezione. Il Supercommissario sarebbe funzionale a questo disegno, in cui il controllo delle finanze statali per evitare l’accumulare di debito è la ragione primaria e visibile, ma non la sola.
Il Presidente Monti – riteniamo consapevole del disegno tedesco e fiducioso delle possibilità di ripresa dell’Italia – ha bollato la proposta tedesca come non necessaria, sostenendo che darebbe un segnale sbagliato ai mercati finanziari, “gente sempliciotta” che sarebbe in tal modo indotta a ritenere che quanto deciso finora in sede Europea non sia sufficiente. E questo è vero. Ma non possiamo nasconderci che se con l’aumento brutale delle tasse sono stati messi, per il momento, in sicurezza i conti pubblici, purtroppo le ricette economiche e la loro capacità di attuazione si stanno rivelando insufficienti sul fronte della crescita e dello sviluppo. Forse anche a causa della mancanza di fondi da destinare alla crescita. Dobbiamo dunque essere consapevoli che nel lungo termine solo la crescita economica potrà assicurare una piena sostenibilità dell’enorme debito pubblico italiano.
La posizione del Governatore Draghi, che si è dichiarato a favore del Supercommissario europeo, è stata più neutrale e, forse, realistica. Draghi ha detto che gli Stati hanno perso di fatto la loro sovranità nel momento in cui hanno consentito un indebitamento eccessivo. In altri termini il servizio dell’enorme debito che grava sulle nostre spalle, riduce oggi il ventaglio di opportunità disponibili in tema di politica fiscale. Ecco quindi che, per quanto paradossale possa apparire, solo condividendo la sovranità a livello europeo, i singoli Stati potranno riacquistare una maggiore sovranità.
Ad ogni buon conto la proposta tedesca è sul tavolo e difficilmente potrà essere ignorata. Né possiamo permetterci di farlo. Ricordiamo sempre che l’Euro ha definitivamente legato la Germania all’Europa occidentale, impedendole di inseguire derive mitteleuropee, e garantendo ai cittadini europei la pace, come testimoniato dalla recente attribuzione del premio Nobel.
Occorre però essere chiari con i tedeschi. La Germania ha ricevuto molto dall’Europa, ora è il momento di essere generosa. Ecco perché l’attribuzione di maggiori poteri al Commissario UE per gli affari economici, con addirittura il potere di veto sui bilanci nazionali, può essere discussa solo quando in contropartita la Germania metta sul tavolo un Piano Marshall oppure, in subordine, la piena accettazione degli Eurobond.
Solo così la condivisione di sovranità si legherà effettivamente al rilancio, promosso dalla solidarietà della Germania, delle politiche per la crescita in Europa e non sarà letta come un tentativo tedesco di affermare una politica imperialista.
Alfonso Siano