La terza via (sbagliata) di Bersani

Fino a prova del contrario in un sistema liberale a democrazia parlamentare, sono le Camere che indicano le principali figure di responsabilità istituzionale, in quanto depositarie della volontà espressa dai cittadini al momento del voto. Una regola sempre applicata nel nostro Paese, tant’è che anche nell’ultima riforma del sistema radiotelevisivo – la pur pessima Legge Gasparri – è stato assegnato al Parlamento il compito di indicare I membri del CdA della Rai. Una scelta tutta politica perché quest’organo ha il compito di vigilare su funzioni cruciali in una democrazia, proprio in quanto ‘servizio pubblico’, non ‘privato’, cioè di parte, a cominciare da quella dell’informazione. Ora non v’è dubbio che I partiti, per ragioni molteplici e per usare un eufemismo, non godano oggi di grande popolarità e che al contempo si confondano strumentalmente e colpevolmente, I compiti dei partiti e della politica, col risultato che costringendo I primi a sgombrare il campo, si finisce per aggirare il controllo democratico sulle nomine. Ed è quello che, con la complicità del PD, sta avvenendo per il CdA della Rai. Difatti il segretario Bersani, per sfuggire alle accuse di lottizzazione, abbia prima annunciato di non voler indicare I due membri spettanti all’opposizione in quota PD fino a riforma dell’ente, e poi temendo semplicemente di consegnare il CdA alla maggioranza di centrodestra, ha demandato la scelta (senza regole) alla cosiddetta ‘società civile’, cioè a quattro simpatiche associazioni la cui principale caratteristica è di essere molto attive sul web e di godere del sostegno di una parte della stampa (la Repubblica), ma di non dover rispondere a nessuno in modo trasparente del loro operato. Il risultato è stato che al termine di un litigioso parto, sono spuntati fuori due nomi: l’ex magistrato Gherardo Colombo e la giornalista Benedetta Tobagi. Competenze specifiche? Pressoché zero. Meriti? Mah… Forse saranno anche bravissimi, ma perché allora non cercare anche indicazioni nelle parrocchie, nelle associazioni sportive e tra quelle degli ex alpini? Perché e in base a quali presupposti è stato delegato solo a queste quattro associazioni e non ad altre un potere-diritto che gli elettori hanno assegnato ai propri rappresentanti politici che devono fare loro scelte e assumersene le relative responsabilità? Tra il controllo democratico delle nomine e quello determinato dalle competenze e dai meriti non esiste ‘una terza via’. Quella scelta da Bersani assomiglia molto a una resa al ‘grillismo’, a un venir meno alle proprie responsabilità che non porta nulla di buono. Sul terreno di Grillo, quello fondamentalmente populista e antidemocratico dei regimi assembleari – ancorché così à la page perché fondati su blog, twitter e facebook – vince chi la spara più grossa, salvo poi dimostrarsi incapace a governare.

Carlo Correr

fondazione nenni

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