Riflessioni sull’attuale crisi economica -2-

7 – I paesi industrializzati si trovano di fronte a scelte radicali e alla necessità di mutamenti profondi per conservare e consolidare il benessere costruito nel secolo scorso. I paesi europei hanno affrontato con velocità differenti questa trasformazione. La Germania, insieme ad un manipolo di paesi dell’Europa del centro-nord guidano i processi di trasformazione e di sviluppo, mentre il nostro paese naviga nelle retrovie. Nella graduatoria dell’aumento negli ultimi 10 anni del costo del lavoro per unità di prodotto (che è l’indicatore più importante della competitività) l’Italia si trova al penultimo posto, superata persino dalla Grecia e dal Portogallo. Già questi dati indicano che il mercato del lavoro va rivoltato da capo a fondo prendendo proprio ad esempio quello che ha saputo fare la Germania(grande flessibilità, forte adesione dei sindacati agli obiettivi e ai successi dell’azienda). Ma il recupero di livelli di produttività si ottiene anche con l’apertura dei mercati, a cominciare da quello dei servizi di pubblica utilità a livello locale, il ridimensionamento di corporazioni, lobby e tutto quanto impedisce la libera formazione dei prezzi. La ricerca di più elevati livelli di produttività non deve limitarsi al settore privato ma operare nel profondo nelle amministrazioni pubbliche a cominciare dalla giustizia, la scuola, la sanità, e così via. Va ripensata a fondo la politica dell’energia i cui costi penalizzano pesantemente i nostri prodotti.

A tali azioni dovrebbe accompagnarsi una manovra fiscale di dimensioni significative che a parità di gettito aumenti il carico sui consumi e sgravi la tassazione sui redditi delle persone fisiche e delle imprese. Tale manovra avrebbe gli effetti di una svalutazione, migliorerebbe la competitività di prezzo dei nostri prodotti e darebbe una spinta non indifferente alla ripresa economica.

8 – In conclusione si può sostenere che l’adesione del nostro paese all’accordo sulla moneta unica sia avvenuto con scarsa consapevolezza di quello che si dovesse fare per compensare la rinuncia alle svalutazioni competitive che l’adesione implicava. Nel dopoguerra i tassi di produttività esplosivi ponevano il nostro paese davanti persino al Giappone e alla Germania. Dopo la “rivoluzione” del 68 il nostro sistema produttivo cominciò a perdere colpi rendendo inevitabile il ricorso sistematico alle svalutazioni per ripristinare di volta in volta la competitività erosa dalle numerose carenze che emergevano sempre più evidenti e che sono tuttora presenti: la fragilità e instabilità dell’impianto istituzionale con conseguente debolezza della “governance”, la presenza nel sindacato rappresentanze ideologizzate, spesso antagoniste, invadenti e persino ribelli, una pubblica amministrazione pletorica e inefficiente, una diffusa tendenza alla illegalità e in genere alla trasgressione, una debole coesione sociale e scarsa sensibilità al bene comune. Questi comportamenti generano immobilismo, inefficienza, bassi tassi di produttività con quel che segue. La loro rimozione richiede un impegno costante e di lunga lena. L’attuale governo ha indubbiamente iniziato questo lavoro che, ripeto, richiederà moltissimo tempo e l’impegno di molti governi. Nel frattempo, per scongiurare l’acuirsi del declino strisciante e riattivare una crescita di una qualche consistenza, occorre essere consapevoli che, rispetto ai paesi più avanzati ed efficienti, non possiamo pretendere gli stessi livelli nelle retribuzioni e nella protezione sociale. Il recupero di competitività, la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione richiedono sacrifici maggiori di quelli richiesti agli altri paesi industrializzati e una classe dirigente in grado di saperli imporre.

Certamente una riforma istituzionale che prevedesse una repubblica presidenziale sul modello francese o americano darebbe stabilità e più credibilità alle politiche di cambiamento di cui il paese ha bisogno. Ma una riforma del genere ridimensionerebbe i partiti che a loro volta detengono il potere di attuarla. Ed è questo il paradosso che assilla il nostro paese.

Nicola Scalzini

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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