Xi Jinping: armiamoci e partite

-di LUIGI TROIANI-

Si legge che il presidente cinese Xi Jinping, che ha avuto la ventura di passare qualche giorno con Donald Trump a Mar-a-Lago la scorsa settimana e quindi il tipo che aveva di fronte deve averlo un po’ inquadrato,  ha appena fatto una preoccupatissima telefonata al presidente americano per la prospettata azione contro la Corea del Nord. Per la cronaca, il suddetto qualche ora dopo avrebbe incassato il niet rotondo sulla Siria dall’(ex?) amico Vladimir Putin, spintosi a dire che si stava meglio quando si stava peggio, ovvero che i rapporti di Mosca con Washington, D.C., erano migliori ai tempi di madame Clinton e mr. Obama.

Se gli americani, portando The Donald alla Casa Bianca volevano far sì che Stati Uniti neo-interventisti contribuissero ad alzare ulteriormente le tensioni della politica internazionale, stanno ottenendo ciò che cercavano.

Pechino ha una leadership collaudata e sostanzialmente moderata, nonostante venga espressa dal regime dispotico del partito comunista: dietro quel simulacro c’è l’antica arte confuciana del potere, che è anche saggezza e tempi lunghi oltre che forza brutale.

Al fumantino Trump, Xi (che tra l’altro ha un congresso in autunno dal quale cerca il rinnovo dell’incarico, quindi non può permettersi errori strategici) ha detto che l’armada (così l’ha chiamata Trump) spedita sul Pacifico occidentale, non la manda giù. Non tanto perché Pechino non condivida la necessità di dare una lezione al pupazzo di Pyongyang (lunedì a Seul la Cina ha concordato che Kim-Jong-un test nucleari e lancio di missili intercontinentali se li scorda, altrimenti dovrà vedersela con la “fermezza” cinese) quanto perché vuole si eviti, a un tiro di schioppo da casa sua, l’apertura di una crisi.

Pechino, che studia bene il sistema internazionale, deve aver pensato che gli americani hanno, da parecchi decenni, l’abitudine di aprire le crisi e poi lasciarle a suppurare, consegnandole in eredità ai vicini (delle crisi), visto che il giochino avviene sempre lontano da casa (degli americani). I guai sono stati consegnati, che so? pensa Xi,  ad europei (v. Balcani meridionali e Medio Oriente, con annessi e connessi tipo Isis e terrorismo internazionale), ad asiatici (chiedere in giro per il sud est dagli occhi a mandorla), ad africani (farsi un giro nel Corno, o a piacere nel nord mediterraneo). Xi ha chiesto a Trump, nella telefonata, di astenersi dal creargli casini alla frontiera e di cercare la soluzione “pacifica” al rebus Pyongyang, lavorando insieme alla “denuclearizzare” della penisola coreana.

Deve esserci rimasto male The Donald. Scambiando per dei poveracci i cinesi verso i quali è in realtà debitore per i fantastilioni di dollari di titoli a loro venduti dal tesoro americano, aveva appena twittato ai fan, con l’innata signorilità che lo contraddistingue: “Ho spiegato al presidente della Cina che un accordo commerciale con gli Usa sarà molto migliore per loro se risolvono il problema nord coreano”.

Si era quindi accinto a indossare la divisa del Commander in Chief, raccontando alla platea nazionale, via Fox Business Network: “Stiamo spedendo una Armada. Molto potente.” . Specificando: “Abbiamo i sottomarini. Molto potenti. Molto più potenti della portaerei”. Accipicchia: tre “potenti” in due righe, per di più con altrettanti rafforzativi e il comparativo tra mezzi di distruzione! E il cattivello di Xi gli telefona per privarlo del piacere di usare i suoi micidiali balocchi!

Un consiglio a Xi: gli parli del destino negro che ebbe l’unica vera Grande y Felicísima armada della Storia, nel 1588, di fronte alle coste britanniche …. Magari, ignorante com’è, questo presidente, o chi per lui suggerente, avrà fatto confusione. Chissà che non apprenda la lezione.

 

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