Oltre lo Stato: la nuova Repubblica

di Davide Passamonti

In occasione della recente festa della Repubblica volevo proporre alcune riflessioni, a mio giudizio impellenti, per discutere di una nuova idea di Stato; una nuova Repubblica che vada oltre i problemi irrisolti e incapacità strutturali dello Stato italiano odierno. Ovvero andare “oltre il Welfare State”[1].

La diagnosi e le risposte che il governo di destra propone in merito ai problemi dello Stato di Benessere, con ideologia conservatrice in economia e con tendenze proto-autoritarie sui diritti sociali coerentemente alla storia del Movimento Sociale Italiano, sono ormai noti. La diagnosi: «il sovraccarico delle pretese egualitarie e democratiche inceppano il meccanismo autoregolato del mercato e l’apparato decisionale dello Stato»[2]. Le risposte: «mercatizzazione delle prestazioni pubbliche e deflazione della domanda politica, attuata, quest’ultima, attraverso la spoliticizzazione della società: tecnicizzazione del potere e apatia politica»[3].

Se, dunque, la destra ha un’idea ben chiara di che società e di che Stato realizzare, purtroppo, non è altresì vero per la “sinistra” italiana (ed europea) nelle sue varie componenti. Ciò che quest’ultima sottovaluta sono i motivi reali che hanno portato a votare per i partiti di destra, prima la Lega e ora Fratelli d’Italia.

Le loro risposte hanno origine da un reale problema: la crisi dell’odierno Stato di Benessere. Tuttavia, sono false risposte aperte a critiche fondate su due considerazioni. La prima, le tensioni socio-economiche odierne sono generate proprio dall’espansione mercatista e finanziaria; e il Welfare State è stato, originariamente, la risposta di progresso che ha attutito tali tensioni. «Se quest’ultimo è degenerato, non è ragionevole tornare indietro»[4]. La seconda, ovvero la spoliticizzazione, contrasta con la domanda democratica di partecipazione ed equità; e tende ad assopire il dibattito sociale così da penalizzare l’evoluzione culturale della società.

La sinistra, quindi, dovrebbe proporre un’alternativa concreta e valida che parta da presupposti diversi: andare oltre lo Stato di Benessere, progettando una società dove mercato e Stato sono inseriti in un sistema innovativo, articolato, programmato e differenziato. Ma cosa significa andare oltre il Welfare State? E’ questa la domanda che la sinistra, oggi, dovrebbe farsi se vuole dare risposte comprensibili e attuali ai cittadini; così da confrontarsi alla pari con i partiti di destra. La risposta: una riforma dello Stato.

Senza un cambio radicale di idea di Stato e quindi di progetto a lungo termine, ottusità e opportunismo della classe politica di sinistra stanno conducendo all’omologazione culturale del paese da parte della “destra autoritaria”. Non aggiornando il proprio paradigma culturale di riferimento, pretendendo di leggere i cambiamenti strutturali odierni con ideologie o teorie che non li prevedono; e perseguendo il metodo opportunistico, senza visione del “mondo di domani”, cercando solamente di aggiudicarsi una fetta del “paniere” del bilancio dello stato a salvaguardia degli interessi della propria base elettorale; diviene impossibile competere politicamente e socialmente con la destra.

Dov’è la spinta riformista-radicale che deve connaturare la sinistra? Dov’è l’idea di superamento dello Stato che Marx definiva “strumento del capitalismo”? Com’è possibile non accorgersi che un continuo aumento della spesa pubblica, a debito, genera ingiustizia sociale? Anzi, ne è la causa, insieme alla mercificazione di mercato, provocando atteggiamenti di polarizzazione e individualizzazione di massa, oltre che insoddisfazione e burocratizzazione?

La riforma dello Stato deve porsi l’obiettivo di una “nuova Repubblica”; cioè, istituzioni attente sia alle prestazioni di performances della finanza pubblica sia la sua allocazione differenziata su base sociale. Così permettendo alla società (dalle famiglie, alle associazioni, alle imprese) di assumersi responsabilità collettive secondo il principio di sussidiarietà: funzioni e problemi vanno trattati al livello “più prossimo al cittadino”. Inoltre, consentirebbe di affrontare razionalmente il problema della complessità sociale attraverso la selezione ex-ante di obiettivi pianificati (principio di finalizzazione), concertati con le parti sociali; ovvero, sottoposti al giudizio democratico della società. Infine, grazie al principio di riserva di potenza, darebbe allo Stato risorse economiche e strumenti flessibili impiegabili per fini socio-economici innovativi grazie alla programmazione di obiettivi strategici a medio-lungo periodo; progettando una visione chiara della “società di domani”.

[1]      Myrdal G. (1960), Beyond the Welfare State. Economic Planning in the Welfare State and its International Implications, London, Yale University Press.

[2]      Ruffolo G. (1985), La qualità sociale. Le vie dello sviluppo, Bari, Laterza.

[3]      Ruffolo 1985.

[4]      Ruffolo 1985.

 

N°132 del 20/06/2023

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