di Edoardo Crisafulli
Il fisico Carlo Rovelli, alfine, parteciperà alla Fiera del libro di Francoforte. Ne sono lieto: è un divulgatore scientifico straordinario: adoro i suoi libri sulla fisica. Detto per inciso: trovo stimolante e giustissimo che uno scienziato si occupi di politica e diritto internazionale. Rimango deluso, però, quando lo fa in maniera superficiale e ideologica. Se io dovessi avventurarmi nei meandri della fisica, potrei forse ignorare la teoria della relatività di Einstein? Allo stesso modo se Rovelli discetta di diritto internazionale non può trascurane i principi. Ma è un altro il punto su cui intendo soffermarmi: abbiamo assistito a un tentativo di censura? Io penso di no. Rovelli ha avuto una miriade di occasioni per esternare liberamente il suo pensiero, com’è giusto che sia – è stato ospite d’onore in varie trasmissioni della RAI. Nessuno, peraltro, ha mai negato la parola – sulla televisione pubblica – ai vari cantori del pacifismo in salsa italiana: Canfora e Orsini, ad esempio. I quali, com’è noto, criticano duramente gli USA, l’Europa, l’Occidente e chi più ne ha, più ne metta. Il dizionario Treccani è chiarissimo sul concetto di censura: “esame, da parte dell’autorità pubblica, degli scritti o giornali da stamparsi, dei manifesti o avvisi da affiggere in pubblico, delle opere teatrali o pellicole da rappresentare, che ha lo scopo di permetterne o di vietarne la pubblicazione, l’affissione, la rappresentazione ecc., secondo che rispondano o no alle leggi o ad altre prescrizioni. Controllo dell’autorità politica rivolto a reprimere la libera espressione e circolazione delle idee”. Ne son certo: questa definizione impeccabile verrà stiracchiata da chi è convinto che viviamo in un regime autoritario, o quasi. A proposito di censura e libertà: sarebbe interessante uno studio scientifico sulle opinioni politiche e sugli addentellati di chi, da decenni, occupa gran parte degli spazi culturali nella società civile italiana (chiamasi egemonia), escludendo a priori, dagli inviti a festival e dibattiti pubblici, gli intellettuali conservatori e della destra liberale. La sinistra radicale ha risolto alla radice il problema: chi le è sgradito neppure viene invitato. Mica è censura, questa!
Rovelli, in piazza, a Roma (Concerto del Primo maggio), ha lanciato un’accusa con toni sprezzanti, da tribuno della plebe. Se l’è presa – in un monologo – con coloro i quali aiutano l’Ucraina a difendersi da una aggressione. “In Italia, il ministro della Difesa è stato vicinissimo a una delle più grandi fabbriche di armi nel mondo, Leonardo. Il Ministero della Difesa deve servire per difenderci dalla guerra, non per fare il piazzista degli strumenti di morte”. (F. Gerardi, “Carlo Rovelli ha bisogno di un anno di riposo e oblio”, RivistaStudio, 4 .5.23). Una semplice opinione, questa, o un’accusa sguaiata che tracima sul versante della diffamazione? Crosetto ha reagito come un gentiluomo, chapeau. Avrebbe potuto replicare, stizzito, che Fratelli d’Italia, con una coerenza sconosciuta ai 5 stelle e alla sinistra radicale, è stata sempre dalla parte dell’Ucraina aggredita, anche in tempi non sospetti: quand’era all’opposizione. Giorgia Meloni ha difeso a viso aperto – nonostante i tentennamenti e le ambiguità dell’alleato leghista – il sacrosanto principio di autodeterminazione dei popoli, rifiutando energicamente l’idea aberrante che uno Stato possa soggiogarne un altro mediante la violenza bruta. Di nuovo: chapeau! Mi costa ammetterlo: sono socialista e alle ultime elezioni ho votato il Terzo polo.
Detto ciò, il Commissario Ricardo Franco Levi ha gestito l’affare in modo assurdo – prima invita Rovelli, poi ritira l’invito a seguito delle dichiarazioni ‘pacifiste’ di quest’ultimo, infine torna sui suoi passi. Risultato: è precluso un dibattito sereno: c’è l’apparenza (non la sostanza) della censura, e questo, si sa, ai chierici puri e duri basta e avanza. Io avrei invitato Rovelli, ma solo in un dibattito-dialogo, affinché si confrontasse con una persona di cultura che non la pensa come lui sull’Ucraina. Sarebbe stata perfetta la scrittrice Dacia Maraini, che non gli è certo inferiore intellettualmente. Questo chiamasi pluralismo, concezione liberale della politica. La sinistra radicale, ahimè, preferisce il comizio-monologo, senza contraddittorio. Incentrato sull’accusa infamante all’avversario. La chiamano libertà.
L’Italia, in verità, è uno dei Paesi più liberi al mondo. Gli antifascisti in servizio permanente ed effettivo non se ne danno per inteso: cercano con il lanternino i presagi oscuri del regime strisciante, puntano il dito contro il Duce mascherato di turno. Sono esperti nella caccia alle streghe: hanno un’esperienza pluridecennale in questo ambito. Prevedibile, quindi, che la reazione al ritiro dell’invito assumesse toni al di sopra delle righe, iperbolici direi. Donatella Di Cesare rispolvera un luogo comune (ricordate la minaccia craxiana alla democrazia, il regime berlusconiano, i tentativi golpisti di Renzi?), eccola, di nuovo, l’acqua putrida che esonda dalle fogne e ci sommerge: “la deriva autoritaria dell’Italia” (“Rovelli, pensiero libero e intellettuali in guerra”, Il Fatto Quotidiano, 17.5.23) Purtroppo anche il mite ed equilibrato Massimo Giannini la spara grossa: vi sarebbe, oggi, un “neo-maccartismo insopportabile” (“La battaglia per la libertà di chi muore anche per noi”, La Stampa, 14.5.23). Che senso avrebbe insistere, da parte mia? Rovelli parteciperà alla Fiera di Francoforte, appunto. Il che prova una legge ferrea della politica nei Paesi democratici: l’attacco al Governo in carica conviene, eccome. Nulla paga come il vestire i panni della vittima di un potere soverchiante. Non alludo alla critica, che è necessaria alla salute della democrazia come i check-up e la prevenzione in medicina. Mi riferisco all’attacco scriteriato, sgangherato, offensivo nei confronti di chi è eletto democraticamente. È questo approccio che dà importanti dividendi. Riemerge una costante di una certa sinistra: la demonizzazione dell’avversario, la costruzione del nemico (il criptofascista), il rifiuto del rispetto e del dibattito… Tattiche, queste, odiose e incivili. Bene ha fatto il Governo in carica a stemperare la tensione.
‘Noi siamo dalla parte della verità, noi siamo nobili d’animo, noi siamo pacifisti perbacco. Mica siamo piazzisti di armi.’ Pensate se Rovelli avesse sollevato una questione reale: quale difesa europea al tempo dei rinati imperialismi aggressivi?’ La sua critica alla NATO avrebbe avuto molto più smalto. No, più facile lisciare il pelo a quella parte del popolo di sinistra che pensa d’esser asservito agli USA e della NATO mentre sorseggia una Coca Cola e addenta un Bic Mac e guarda i film di Hollywood con occhi sgranati e sogna di portare i figli in vacanza a Disneyland. Che si scenda in piazza e si manifesti contro l’Impero del Male, gli USA! Io provo solo tristezza mista a delusione. A questo, dunque, si riduce il ruolo dell’intellettuale critico nel ventunesimo secolo? Rinverdire logore parole d’ordine ideologiche, oggi che la Guerra fredda è un pallido ricordo? Criticare gli americani e la NATO, oggi, richiede tanto coraggio quanto ce ne vuole per dileggiare Dio e la Chiesa: l’Inquisizione è sparita da quel dì e le fedi stanno tramontando e le chiese sono deserte. Ci vuole molto più fegato a denunciare le violazioni contro i diritti umani nelle dittature e nelle teocrazie. Abusi, carcerazione a fini repressivi, torture sistematiche, omicidi politici: tutto ciò avviene quotidianamente in certi luoghi del mondo. Mi riferisco a Paesi che non sono affatto sotto l’influenza malefica degli USA. Penso alla lotta delle giovani donne iraniane – loro sì, coraggiose – che si rifiutano d’indossar un velo e per questo vengono imprigionate e violentate e talora addirittura uccise. Perché questa causa non vi appartiene in maniera altrettanto viscerale, compagni della sinistra alternativa?
Criticate con veemenza l’America che rifornisce di armi un Paese in lotta per la libertà (cosa che gli USA fecero anche con l’Armata rossa nel periodo 1941-45) e tacete sull’Iran, che invia strumenti di morte, razzi micidiali, ai fanatici islamisti che si sono appropriati della giusta causa palestinese? Razzi, quelli, che vengono sparati sulla popolazione civile israeliana – incluse scuole ed asili – con l’intento di far stragi. Questa contro Israele sì che è una guerra (infame e sporca) per procura! I paladini della libertà conculcata in Occidente hanno in mente ben altre guerre per procura: quelle immaginarie ordite dai gran burattinai: i perfidi americani. E neppure vi infiamma, intrepidi libertari, la causa dei giornalisti avvelenati e torturati nelle dittature. Passate così tanto tempo a difendere Carlo Rovelli da una persecuzione inesistente che dimenticate l’eroica Anna Politkovskaja, lei sì intellettuale contro!, assassinata a Mosca nel 2006. Troppo facile e scontato indignarsi per queste cose, vero? È essenziale, semmai, vigilare nel libero Occidente: i fascisti mascherati, magari finanziati dalla CIA; s’aggirano col coltello fra i denti. Ah, quanto ci mancano il vecchio Partito socialista e i suoi intellettuali, i quali condannavano sia la guerra in Vietnam e la dittatura di Pinochet, sia la brutale repressione del dissenso nei Paesi comunisti. Ricordo la mitica Biennale del dissenso, a Venezia. Altri tempi, altra tempra morale. Allora sì che c’erano onestà intellettuale e coraggio, a sinistra. Ma si sa, chi non ha queste qualità, non può darsele.
Edoardo Crisafulli
N°116 del 22/05/2023