Primo maggio, tra sfide e diritti

di Maria Anna Lerario

La data del 1° maggio per festeggiare lavoratrici e lavoratori, come noto, è stata scelta per commemorare gli avvenimenti di Chicago del 1886, quando un gruppo di lavoratori protestò per la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore al giorno e fu brutalmente represso dalle forze dell’ordine. Una rivolta cruenta che portò alla morte di alcuni manifestanti e di alcuni agenti di polizia. Morti che diedero, però, un impulso importante alla lotta dei lavoratori per i loro diritti.

Nel turbinio delle ricorrenze, quella del Primo Maggio, comunemente definito “festa dei lavoratori” è, in realtà, una giornata di lotta e di mobilitazione che da forza alle rivendicazioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Rivendicazioni che non sono mai venute meno, negli anni, forti di consapevolezze sempre più forti.

Dalla difesa dell’orario di lavoro, alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, fino alla lotta ancora forte contro il precariato, alla tutela dei diritti e alle rivendicazioni salariali. Innumerevoli e sempre attuali le battaglie sindacali per affermare tutele e diritti di chi, ogni giorno, con il proprio lavoro e il proprio impegno contribuisce alla ricchezza del paese.

Ribadire la centralità del lavoro e dei diritti dei lavoratori non è un esercizio di retorica in una giornata celebrativa: è un richiamo alla necessità di riunirsi, tutti. È la necessità di oltrepassare le barriere della solitudine e della rassegnazione di chi non si sente rappresentato, perché non riesce a sentirsi parte di qualcosa.

È, forse, questa la sfida vera del sindacato, oggi: riportare in ogni lavoratrice e lavoratore, presente, passato e futuro, la consapevolezza del valore del proprio lavoro e del proprio impegno. Della propria identità professionale.

Rievocare quella “coscienza operaia” che ha saputo scardinare in passato gli ingranaggi di una società che speculava sulle disuguaglianze.

È una sfida reale, da accogliere nelle pieghe di un cambiamento costante e errante, senza meta e girovago, in cui è facile smarrirsi. E ancora più facile è restare imbrigliati in una rassegnazione che assopisce lo spirito combattivo dei più giovani. Un effetto boomerang gravissimo che fa del male al futuro.

Giovani, pensionati, lavoratori, lavoratrici, piattaforme digitali, robot e intelligenze artificiali. Diritti, salute, sicurezza, retribuzione, orario e organizzazione del lavoro, transizione ecologica.

 

Sfide.

 

Per il lavoro che non c’è.

Per quello che c’è ma fa schifo.

Per quello che vorremmo avere e non abbiamo e per quello che invece ci soddisfa.

Per i diritti conquistati, per quelli persi, per quelli che ancora dobbiamo afferrare.

Per la carriera e la pensione.

Per quello che diamo al nostro lavoro e per quello che il nostro lavoro ci da.

Per la sicurezza sul lavoro e del lavoro.

Per i robot e la tecnologia che il lavoro creeranno e per quello che “ruberanno”.

Per chi subisce mobbing, per quel leader che, invece, valorizza.

Per le tasse troppo pesanti,

per i bonus a Natale e i premi di produttività detassati.

Per il sindacalista che ci mette il cuore e la testa.

Per l’operaio, il muratore, il commesso, il giornalista, il panettiere, il dottore, l’ingegnere.

Per la casalinga, il rider, il social media manager, il parrucchiere.

Per l’informatico e il bidello, il bancario e il professore.

Per un lavoro migliore.

Il Primo Maggio siamo noi.

 

… “Non c’erano soldi, ma tanta speranza” … (Rino Gaetano)

 

N°111del 01/05/2023

fondazione nenni

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