Ucraina: serve un impegno per la ricerca di una pace giusta

-di Cesare Salvi –

Come dice il Papa, nel mondo c’è oggi “una terza guerra mondiale a pezzetti”. Tra queste, l’aggressione russa all’Ucraina, la seconda guerra che  dopo quasi otto decenni è condotta sul suolo europeo (preceduta dalle guerre jugoslave e dall’intervento Nato contro la Serbia).

Le spese per armamenti aumentano continuamente, sottraendo spazio alle spese sociali degli Stati e arricchendo il complesso militare-industriale. E’ una situazione davvero inquietante (con sullo sfondo il rischio della guerra nucleare). Si spiega così la preoccupazione tra i cittadini, e i dubbi sull’invio di armi offensive da parte dell’Italia. E’ bene allora domandarsi che cosa dice sulla guerra e la pace la nostra Costituzione.

Gli studiosi spiegano che la Carta fondamentale contiene due principi: il principio pacifista e il principio garantista. Il primo è esplicitato dall’art. 11, per il quale “l’Italia ripudia la guerra”, precisando che sono vietate sia la guerra offensiva sia la guerra come “mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali”. L’unica guerra legittima è quella per respingere l’attacco contro di noi da parte di un altro Stato; in tal caso, “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, dice l’art. 52.

Il principio garantista è contenuto nell’art. 78, per il quale “lo stato di guerra” deve essere deliberato dalle Camere (e poi dichiarato formalmente dal Presidente della Repubblica: art. 87).

Entrambi i principi sono una consapevole e ferma reazione rispetto al passato: il principio pacifista rispetto alle guerre rovinose del fascismo; il principio garantista anche nei confronti delle guerre decise dal Re contro la maggioranza del Parlamento e del popolo italiano (come fu, ad esempio, l’ingresso nel 1915 nella prima guerra mondiale).

E’ importante notare che le norme che abbiamo ricordato furono oggetto di un approfondito dibattito nell’Assemblea costituente, e poi approvare quasi all’unanimità. Per dare voce allo spirito di queste scelte, si può ricordare quanto disse Luigi Sturzo nel 1947: la guerra è “un atto immorale, illegittimo e proibito”.

Negli ultimi decenni purtroppo le “forme” della guerra si sono venute diversificando: non si usano più le formali “dichiarazioni di guerra” previste dal diritto internazionale, si mascherano aggressioni militari come “interventi umanitari”, il ruolo dell’ONU (al quale l’art. 11 affida il compito di “assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni”) si è indebolito fin quasi a scomparire. Ma i principi posti dalla nostra Costituzione, per fortuna, rimangono e sono vincolanti per l’Italia anche rispetto alle scelte di organizzazione sovranazionali alle quali aderisce, come la Nato e la UE.

A questo punto ci si può domandare se e in che modo tali principi possano applicarsi alla situazione attuale. L’Italia concorre, con l’invio di armamenti, alla difesa di un paese aggredito, l’Ucraina, nell’ambito dell’iniziativa della Nato. L’invio di armamenti è stato approvato più volte dal Parlamento con ampie maggioranze.

Non può quindi dirsi che le norme costituzionali siano state formalmente violate. Tuttavia, i principi del pacifismo e del garantismo sembrano richiedere qualcosa di più. Anzitutto un’iniziativa politica e diplomatica per una soluzione del conflitto, che tenga conto di tutti i principi del diritto internazionale (in primo luogo, naturalmente, la difesa della sovranità nazionale dell’Ucraina; ma anche, ad esempio, il diritto all’autodeterminazione e la tutela delle minoranze linguistiche). In secondo luogo, l’unica decisione affidata al Parlamento riguarda l’invio delle armi, ma il voto avviene al buio, perché la tipologia delle armi inviate è segreta (a differenza che in altri Stati, come la Germania).

Aiutare a difendersi un paese aggredito è giusto. Ma i principi costituzionali richiedono anche un impegno per la ricerca di una pace giusta, non l’adesione passiva a chi proclama che l’unica soluzione è la “guerra fino alla vittoria”.

N°102 del 01/03/2023

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