di Maurizio Fantoni Minnella
C’è un’opera, scritta da un autore uruguayano, tra le più significative della cultura latinoamericana del XX° secolo, Las venas abiertas de America Latina (Le vene aperte dell’América Latina, di Eduardo Galeano, 1971), oggetto di molte ristampe anche nel nostro paese. L’ultima risale al 2022 (1). Non vi è opera, al contempo, più divisiva, capace di spalancare un vero e proprio baratro tra i sostenitori (e ve ne sono sempre di più) delle politiche neo-liberiste in Latinoamerica e quanti ancora credono nella libertà e nella giustizia sociale di tutti i popoli del continente. In essa vi era una profonda disamina della storia dello sfruttamento del continente latinoamericano a partire dai tempi della scoperta e della colonizzazione spagnole ma anche dello sterminio di antiche civiltà e dello sfruttamento degli indios fino alle profonde disparità sociali del presente, passando attraverso la decolonizzazione e l’epoca delle dittature e dei movimenti rivoluzionari. Le “vene aperte” sono l’efficace metafora del corpo saccheggiato di un intero continente. In un pamphlet scritto da Álvaro Vargas Llosa, figlio del premio Nobel, e da altri autori tra cui l’italiano Valerio Riva che ne è il curatore, Manuale del perfetto idiota italo-latinoamericano, 1997 (2), abbiamo la testimonianza veridica del livello di idiozia e di miseria intellettuale in cui è giunta ormai la destra latinoamericana. Senza contare che il nobile padre (del quale, peraltro, non s’intende in alcun modo mettere in discussione il valore letterario della sua opera), pur di non riconoscere come legittime le forze di sinistra, non ha esitato ad appoggiare candidati improponibili come Sofia Fujimori in Perù e José Antonio Kast nelle elezioni in Cile del 2021! In tempi recentissimi scopriamo che a prendersela ancora una volta con il libro di Galeano è Martín Caparrós che non è certamente uno scrittore di destra, nel recente saggio Ñamerica, 2022 (3). La principale accusa è di avere demonizzato gli spagnoli a favore, invece, delle popolazioni autoctone, di avere diffuso tali idee pregiudiziali dal momento che, non solo i latinoamericani derivano direttamente dagli spagnoli o attraverso il fenomeno del meticciato, ma che il je accuse di Galeano non terrebbe conto del fatto che i popoli precolombiani non furono meno crudeli e cruenti degli stessi conquistadores spagnoli. Innanzitutto, i riti cruenti di cui parla Caparrós appartenevano di fatto alla sacralità di quei popoli che quindi non può essere in alcun modo giudicata con una lente occidentale, moderna e cristiana. Quella era la loro civiltà, quelli, i luoghi nativi. Gli spagnoli al contrario furono gli invasori, i saccheggiatori ed anche portatori di un’altra civiltà, a torto considerata superiore. Anche la guerra di liberazione dell’America Latina, fu un tentativo legittimo di costruire un presente e un futuro politico indipendente dalla Spagna sebbene culturalmente l’origine ispanica segnerà per sempre la cultura di questo continente. Vi sono poi aree geografiche come quella andina in cui la discendenza diretta dagli antichi abitatori di quelle regioni è determinante lo sviluppo di una certa cultura in particolare nel rapporto con la sacralità della terra. Significativamente la copertina di un vecchio volume francese dal titolo Les Incas mostrava la fotografia di un indio vivente!. Non si vuole, infine, come sostiene Caparrós, contrapporre l’indio al mestizo, il pre-colombiano allo spagnolo, né tantomeno, rifiutando qualsivoglia idea di progresso, fare l’apologia della povertà come purezza, sarebbe infatti una retorica che non ci porterebbe lontano, ma solamente affermare l’importanza di taluni valori comunitari e sociali, più forti tra le società di più antico sedimento che tra quelli (i paesi del Cono Sur) dove la radice spagnola, perfino addirittura italiana e tedesca, nel caso del Cile del sud, è decisamente più forte e largamente maggioritaria. Ma si obietterà che Galeano è uruguayano, quindi di solida radice bianca come lo è l’argentino Caparrós, ma è evidente che la sua lente interpretativa è quella di stampo marxista, dove la lotta di classe e la condizione umana degli ultimi, oggi si intreccia con i destini dell’intero pianeta. Al contrario, è lo stesso argentino a delegittimare il principio rivoluzionario come strumento per sovvertire l’ordine precedente come nel caso della rivoluzione cubana del’59, ma, con buona pace di Caparròs, il sogno ottocentesco e patriottico di un’America liberale dovrà presto, legittimamente, scontrarsi nel XX° secolo con il peso soverchiante delle dittature di stampo fascista e con l’ingerenza politica ed economica sempre più stringente degli Stati Uniti e dello strapotere delle multinazionali, a prova del fatto che un nuovo imperialismo sostituisce l’antico potere coloniale, forse meno evidente ma non per questo meno insidiosa. In Latinoamerica la democrazia è una conquista faticosa che si può raggiungere attraverso la giustizia e il socialismo.
Note
Note
- L’opera di Galeano viene pubblicata per la prima volta in Italia per i tipi di Giulio Einaudi editore nel 1971. Successivamente ripubblicata da Sperling & Kupfer nella collana diretta da Gianni Minà “Il Continente desaparecido” nel 2013. Infine la recente ristampa curata da Sur edizioni, Roma 2022.
- AA.VV. a cura di Valerio Riva, presentazione di Mario Vargas Llosa, Manuale del perfetto idiota italo-latinoamericano, Bietti editrice, Milano 1997
- Martin Caparrós, Ñamerica, Giulio Einaudi editore, Torino 2022